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26.10.05

Bret Easton Ellis

La mia mano e la sua E non è difficile immaginarselo, Bret (posso chiamarti Bret, vero, adesso?), vestito Trussardi, al suo ritorno alla sua vita "normale" di scrittore, che a cena con gli amici racconta di questa bizzarra serata milanese. Un pubblico caldissimo (diciamo pure arrapato), un intervistatore (Severgnini) talmente egocentrico da rubar la scena pure al (bravo) traduttore, con domande tra le più inutili mai ascoltate (e se ne sentono di assurde, in medie). Le domande del pubblico, dichiarazioni di amore comprese, sempre più intelligenti di quelle ufficiali. Tre cretini al bar a ingozzarsi di patatine, che poi diventano tanti, tantissimi, la sala piena di gente in piedi che ride delle gag pianificate (i litigi con Jay McInermey) e di quelle spontanee (la grande, atroce sofferenza di dover ascoltare i Genesis di Phil Collins per scrivere American Psycho).

Me lo immaginavo più stronzo, Bret Easton Ellis, meno "caldo", meno contento di star lì a scambiare una battuta e una stretta di mano con tutti, ma proprio tutti, che se devi firmar copie che almeno ti restino in testa delle facce, facce che hai fotografato arrivando, divo per caso che non sei altro. "Are you sure", mi ha detto, essì, i'm sure di identificarmi in un personaggio negativo e sfigato e grottesco, dedicamelo come se fossi lei, il libro. To Alison, anche se è un personaggio prestato, ma tanto tu e McInemey siete la stessa persona, siete Victor Ward, ehi, ti hanno visto alla SPA di Dolce e Gabbana mercoledì tardo pomeriggio, Bret.

Mi sono divertita, ed emozionata, ma sul serio. Sono sempre convinta che quello che conta è il libro, e chi se ne frega dell'autore, ma quando l'autore è interessante, ehi, è meglio :-)

Update: tra i tanti blogger mescolati a Gwyneth, Naomi e Brad, il miglior resoconto l'ha fatto Antonio.

Bee cool, bee bee.

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