Brodo di coltura
Chi legge i giornali online? Se fossero tutti come me, nessuno. Da quando sono atterrata in rete (1995/6) ho sempre trovato poco attraenti i media tradizionali e molto interessanti i media personali, anche quando pochi li consideravano tali (ma le recensioni di film su it.arti.cinema o su cinema-l degli anni '90 sono ancora molto più toste delle recensioni di film sui blog negli anni '10). Interessanti nel senso proprio della qualità informativa, non solo della loro natura "sociale", che a molti non interessa o addirittura inquieta.
Mai capito chi "leggeva" Virgilio, Italiaonline & co; mi sono appena scaldata con Punto Informatico e Repubblica.it, ma solo per le "breaking news". Neanche Clarence mi ha mai appassionato, perché era "web": ci ho messo anni a sentire il calore umano scorrere anche su protocollo http.
Ma non sono tutti come me (grazie al cielo, direte voi) e oggi i media tradizionali online hanno un pubblico numeroso, anche se forse poco esigente e stimolante. Perché?
Parlando del Corsera che va a caccia di traffico con metodi à la Cronaca Vera (sesso, soldi, sangue) vale la pena ricordare che tra il 2000 e il 2003 c'è stata la crisi del nascente mercato pubblicitario online, ammazzato dal mito del clicktrough e dall'eccesso di aspettative miracolanti (della morte della page view, invece, parliamo un'altra volta). Chi ha tenuto in vita i vari Libero & Co? Ma i banner porno, signori e signore. I banner con signorine che facevano su e giù, li avete dimenticati? I banner dei casinò. I banner dei dialer. L'iniziale pruderie per cui i banner e i contenuti venivano vagliati con ansia vaticana (almeno dove lavoravo io) ha DOVUTO lasciare il passo alla sopravvivenza.
Ma chi clicca su quei banner? Il pubblico passivo dei siti informativi italiani in quegli anni si è autoprofilato in base alla pubblicità, più che al contenuto (che comunque era si è dovuto adattare agli inserzionisti, come sempre). Chi ha un approccio attivo alla rete (chiamiamolo wreader) a mio parere ha abbandonato il web passivo qualche anno fa anche per questo motivo e oggi, abituato all'interazione e alla qualità delle fonti che si è scelto, fa fatica a tornare indietro e a ritrovare valore nelle testate tradizionali (anche quando c'è).
I siti che ai tempi non hanno accettato l'invasione porno+scommesse+dialer (tra cui, se non ricordo male, il Corsera) hanno dovuto fare i conti con un prosciugamento spaventoso di risorse e il crollo della reputazione in azienda, con la creazione di veri e propri ghetti professionali e di budget da cui i reparti "web" degli editori si stanno faticosamente liberando negli ultimi tempi, grazie al +42% dell'anno scorso (o pensate davvero che le decisioni in una casa editrice le prendano i giornalisti? I giornalisti hanno l'unico potere di dire "no", per questo lo fanno così spesso - non sempre a ragione, non sempre quando dovrebbero - e tendono a sembrare prepotenti).
La soluzione è sempre quella, far girare la girella: i contenuti, ricchi, seri, approfonditi, verificati. Anche su carta vincono le testate fatte bene, non quelle che assecondano i lettori. Il wreader è laico e veloce a tornare sui suoi passi, se ce n'è motivo: inseguendo il target porno+casino Corsera sta semplicemente accettando un'escalation che dà ragione a chi in Via Solferino ha sempre considerato di serie B i lettori (e i budget pubblicitari) del web.
Etichette: corsera, editoria, giornalismo, pubblicità
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