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22 marzo 2007

Let the conversation begin

Scrivere di Internet per un mensile non è per niente facile, soprattutto se è un mensile che non si accontenta di parlare di cose già molto sentite. Mi fa piacere che la competizione e la competenza in questo campo si sta facendo davvero serrata: L'Espresso e D di Repubblica mi ciulano tutte le idee (hanno un mese di vantaggio) e l'articolo qui sotto non uscirà; lo pubblico anche se per l'"audience" dei blog è veramente basic.
"I'm not just starting a campaign, I'm beginning a conversation. With you." "Non sto solo dando il via alla mia campagna elettorale, ma a una conversazione. Con te". Con queste parole Hillary Rodham Clinton ha ufficializzato la sua corsa per le primarie: non in televisione, non con un comizio, ma con un video trasmesso sul suo sito Internet e prontamente ripreso da YouTube e dai blogger di tutto il mondo. Sarkozy, il candidato premier della destra francese, ha scelto come consulente di fiducia Loic Le Meur, uno dei blogger più famosi e più abili nello sfruttare la libertà di movimento e di espressione dei blog per consolidare la sua reputazione anche offline. La sua rivale, Ségolène Royal, ha concretizzato online la sua proposta di una democrazia partecipativa: il forum sul sito "Désirs d'avenir" vuole essere il punto d'incontro e di confronto tra le sue proposte e quelle degli elettori.

Otto anni fa un gruppo di pubblicitari e uomini d'azienda ha rivoluzionato il marketing degli anni a venire dicendo "I mercati sono conversazioni", l'equivalente del terzo millennio de "Il medium è il messaggio" di Marshall McLuhan. La "conversazione" è quello che differenzia Internet da tutti gli altri mezzi: ogni giorno milioni di persone lo usano per socializzare e chiacchierare oltre che per informarsi.
Non del tutto inaspettatamente i politici hanno capito e imparato le regole del gioco prima delle aziende: al grido di "le campagne elettorali sono conversazioni" hanno iniziato a usare la rete come megafono per la propaganda.

Se Internet è una grande conversazione a cui tutti possono partecipare, non è detto però che questa possibilità sia una garanzia di successo. Quando Le Meur a Parigi ha imposto con un escamotage la presenza di Sarkozy a Le web3, un convegno da lui organizzato, è stato sommerso da critiche per lo sfruttamento a fini elettorali di un momento di incontro e confronto professionale (a pagamento). Sarkozy si è concesso con un comizio più che tradizionale, senza approfittare dell'occasione di "conversare" con gli esperti presenti: niente domande, nessuno spunto di interesse per la platea internazionale.
A maggio vedremo se e quanto l'abilità nell'uso di Internet avrà pesato sulle elezioni francesi, ma soprattutto nel lungo periodo scopriremo quanto il desiderio di "dialogo" rappresenti una vera evoluzione del modo di fare politica o un semplice strumento di propaganda elettorale. In Italia Paolo Gentiloni, blogger da due anni, ha continuato ad aggiornare il suo blog anche dopo essere diventato Ministro: Ségolène Royal continuerà a discutere la politica governativa online anche in caso di vittoria?
Nell'attesa, emerge un chiaro segnale: Internet è ormai parte integrante della vita quotidiana di chi ha qualcosa da dire, non più solo sfogo ludico di pochi (se mai lo è stato), ma ambito e contesto per qualunque tipo di discussione tra pari.

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