Lettera da Berlino
Caro Cliente,
è per te che lo faccio. Bruxelles, adesso Berlino e tra un mese Parigi: a questi convegni internazionali non si impara niente. Nel migliore dei casi si consolidano definizioni e dati e si condividono problemi e stati d'animo; nel peggiore, si combatte con la tentazione di saltare sul palco e insegnare al relatore un paio di cosette (prima di tutto, come si parla a un pubblico competente).
Non si impara niente, non si sente niente di nuovo, ci si stanca molto e si soffre, rinchiusi in ambienti inospitali con una città da visitare là fuori. Eppure continuerò a partecipare, finché grazie a te me lo posso permettere.
E' per te che lo faccio perché è a te che serve sapere che altre persone in altri paesi condividono quello che dico, quello che faccio e come lo faccio; il fatto che in questi eventi si sentano sempre le stesse cose (che sono quelle cose che ti dico da quando lavoriamo insieme) è per te una garanzia che la direzione è chiara e che il talento oggi è nella realizzazione, non nella strategia. Facciamo quindi un passo avanti, perchè ti assicuro che oggi, in tutto il mondo, a prescindere dalla penetrazione della rete e dall'alfabetizzazione informatica:
- le community (chiamale se vuoi social network) generano un sacco di traffico ma poca pubblicità in proporzione, e non perché la pubblicità lì non sia vendibile, ma perché quella che cercano di metterci è pensata per altre contesti ("community user is not in buying mode", Christian Leybold, BV Capita);
- non hanno ancora capito come fare se un utente viola la legge (nonostante in Europa ci sia una direttiva comunitaria abbastanza esplicita in proposito), ma sono tutti d'accordo che è la legge che deve cambiare, perché non si può frenare un cambiamento già avvenuto "(the change is in the number of infringements", Oliver J. Süme, Attorney-at-law, Richter & Süme);
- vince chi porta il proprio contenuto in tutti gli altri siti (vedi Google e YouTube), non tutti gli utenti sul proprio (che è una mission impossibile); se ancora non hai digerito i link ad altri siti, preparati a regalare direttamente ad altri siti i tuoi contenuti/servizi (Dion Hinchcliffe);
- ha speranze di sopravvivere solo chi continua a sedurre i clienti anche dopo che hanno acquistato (Kathy Sierra e la splendida metafora della brochure e del manuale, sfavillanti le prime, mortali i secondi);
- rispettare gli standard è la chiave per applicazioni stabili, scalabili, distribuibili e confortevoli per chi deve usarle (Jeremy Keith);
- le attuali metriche (offline e online) sono un aiuto alle decisioni, ma non potranno mai descrivere la complessità dei comportamenti dei tuoi utenti ("analytics measuring metrics on a site alone has become an increasingly smaller part of what happens with content", Andreas Weigend);
- progettare un'esperienza a cui non sia possibile rinunciare richiede passione, entusiasmo, coraggio e immaginazione, non benchmarking e forecast (Jesse James Garrett);
- vince chi integra le statistiche del sito con la propria esperienza e creatività relativamente alle loro esigenze, e che questa cosa non sarà mai completamente automatizzabile (From Pages to People: Behavioral Targeting).
Per quanto io sia convinta delle mie posizioni sarei disposta a cambiare idea anche oggi pomeriggio se qualcuno me ne desse motivo, ma il non doverlo fare mi rasserena nonostante questa Berlino piovosa e indecifrabile.
Etichette: berlino, clienti, knowledge, sharing, web2expoberlin
12 Commenti:
Il punto sulle community è particolarmente interessante, perché riapre l'annoso problema di come monetizzare il traffico generato.
ottimo post, ne convido ogni parola.
Mafe, sei splendida. In un solo post mi hai reilluminata su due-tre cose che, a furia di ripeterle, ogni tanto si opacizzano, e non sono più tanto convinta che siano reali.
Adesso "anch'io sono più tranquilla e meno disperata"
:-)
monetizzare?
io mi ricordo quando, un sacco di tempo fa (5 anni fa?), Ducati aveva aperto un account su Tradedoubler. Non per vendere le proprie moto come merchant, ma per guadagnare come affiliato mettendo banner sul proprio sito... sic.
O quando, ancora prima (nel 2000?) la responsabile marketing del Parma calcio mi aveva detto che il sito lo avrebbero dato "in outsourcing" a non so più chi che avrebbe anche venduto i banner. Lo stipendio medio dei calciatori magari era 1 milione di euro (netti), ma questi volevano guadagnare col sito web. doppio-sic.
Passione anziché benchmarking!
Grazie di esistere
Eh ma io, Cliente che ti pago perché sai già quello che mi dici ora dicano anche gli altri, suppongo anche che mi dici solo quello che suona conforme a quello che già mi dicevi prima! ;-)
(salutami Parigi, che dopo l'invasione dell'anno scorso quest'anno potrebbero irrompere Bush, Obama, Kissinger e lo spettro di Lincoln con ancora in mano la locandina del teatro)
Che bello vedere che questi temi "risuonano" anche qui :-)
Alessandra, dici proprio bene, a furia di ripeterle le cose si "opacizzano", uscire dal proprio ambiente serve proprio a lucidarle.
Dotcoma, io credo che tu dovresti farti una ragione del fatto che siamo nel 2007 e che continuare a rivangare le storie del 2000 non ha molto senso. La monetizzazione delle community è un problema degli editori, non delle aziende: Giulia, io sui progetti che seguo comincio ad avere qualche piccola soddisfazione :D
Andrea, la tua è un'osservazione pertinente, e come già detto tante volte la fiducia è essenziale nel rapporto di consulenza (altrimenti perché ti pagano??). Quello che mi colpisce è proprio l'assonanza di voci e opinioni su temi che solo 2/3 anni fa erano decisamente controversi.
Passione, talento, passione, talento, non esistono ricette, non esistono automatismi, non esistono scorciatoie, che bello :-)
Mafe,
agli editori vendete impression generate da UCG su cui mettere banner, sei tu che te ne devi fare una ragione, non io...
Questo post è stato eliminato dall'autore.
Dotcoma, non ho capito cosa c'entrano gli esempi che facevi (Ducati e Parma calcio) con le impression generate da UGC, ma fa niente.
Il problema di monetizzare le community è che i banner su pagine generate da UGC hanno un rendimento inferiore ad altre sezioni e quindi in alcuni casi sono meno appetibili (funzionano per il branding, non per il call to action): è esattamente il contrario di quello che dici.
Funzionano però bene altri formati (oltre al solito Adwords) e il fatto che ci sia molto interesse da parte di aziende incuriosite mi fa ben sperare. Siamo ancora molto lontani dal risultato, ma il cambiamento di atteggiamento rispetto anche solo a 2/3 anni è nettissimo, così come è già alta la percentuale di "progetti speciali" rispetto alla classica pianificazione da centro media.
Ducati e Parma Calcio sono esempi di aziende che non hanno capito cosa fare. Speravo poteste aiutarli voi, ma vedo che invece fate piuttosto progetti di 'community' per 'editori' che generano così un po' di pagine di UGC che, come giustamente dici tu e dico anche io, non rendono molto in un'ottica di call to action (tu dici che servono per il branding, io che non servono a nulla).
Insomma, una volta questi niubbi degli editori facevano scrivere sul web giornalisti di basso livello e alto stipendio, oggi hanno almeno capito che è meglio lascir scrivere cazzate agli utenti. Per il resto, pare che nè loro, nè tantomeno le aziende abbiano capito molto di questo 'niumedia' e continuano quindi a recitare la rispettiva parte e quindi a fare 'contenuti' e 'pubblicità'...
Questi sfoghi emotivi da consulente mi piacciono da morire.
I contenuti poi sono davvero validi quindi, complimenti.
:-)
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