I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

17 febbraio 2008

Do the right thing

Le community non si creano, si attivano: esistono già, anche se a volte le persone che ne faranno parte non lo sanno.
Una delle poche certezze che ho relativamente al community management è che hai successo solo se riesci a intuire e assecondare i bisogni delle persone che desideri coinvolgere, proponendo le tecnologie abilitanti adeguate e gli stimoli editoriali e sociali corretti. Se questi bisogni sono in contrasto con gli obiettivi dei proponenti l'unica cosa seria da fare è ammettere che questi obiettivi non sono compatibili con i media orizzontali e rassegnarsi a usare metodi di comunicazione verticali, se non unidirezionali.

Pochi metterebbero in discussione questo punto quando parliamo di obiettivi di marketing e vendite. A volte però ci poniamo obiettivi che consideriamo "buoni", per esempio la divulgazione, l'alfabetizzazione, la crescita personale, l'utilità, il progresso.
Io personalmente trovo questo secondo caso peggiore della sana e onesta vendita. Il mio lavoro è far emergere il valore, qualunque forma abbia, non pianificarlo definendolo a priori (che è tutta un'altra storia). Mai, mai giudicare il valore di terzi in base ai miei criteri (o a valori oggettivi, che non esistono): come diceva mia nonna, "dove c'è gusto non c'è perdenza".

Prendiamo il caso per esempio di un paio di condivisibili critiche a Menstyle e a tutte le piattaforme "chiuse":

A me pare che mondi chiusi, per quanto "all inclusive", generino inevitabilmente, a un certo punto, quel vuoto di senso che porta all'abbandono o all'espulsione violenta. Vedo quindi come un valore aggiunto, la capacità di offrire ai tuoi iscritti anche la visione concreta di una rete aperta e connessa. Un valore aggiunto che può distinguerti dalle altre piattaforme, e fare la differenza per l'affezione degli iscritti. (Palmasco)

Sì, non è male, anche se mi sembra un po’ chiusa. più che senza uscite di sicurezza rischia di essere senza entrate per l’utenza generica. diffido delle community che vogliono fare da piattaforma di blog ostacolando l’interazione con altri blog di altre piattaforme: una community che nasce ora non può non tenere conto di questo.
(Commento a un post di Andrea)


Nel maggio 2006 il primo documento di progetto di Style (la sorella maggiore di MenStyle) metteva tra i punti di attenzione rilevanti per il successo del progetto proprio l'importanza di una piattaforma tecnologica che fosse non solo allo stato dell'arte, ma anche aperta, proprio per fornire a chi lo avesse voluto un facile accesso (in entrata e in uscita) al resto del web. Accesso tecnologico, culturale, sociale: non a caso alla partenza di Style abbiamo arruolato due blogger molto amate (Lisagialla e Robba) proprio con il compito di aprire al resto della rete, con blogroll misti, link all'esterno a non finire, assoluta libertà editoriale. Non ha funzionato.

Non c'è niente nella community di Style o di MenStyle che impedisca (o renda difficile) linkare, seguire, includere altri blog di altre piattaforme. Non solo: in redazione io, Auro e il Vanz lavoriamo attivamente perché chi ha scelto di prendere casa in (Men)Style si accorga che ci siano altri quartieri da frequentare, in rete. Eppure quasi nessuno raccoglie l'invito, mentre si verificano, in modo assolutamente spontaneo, tutte le dinamiche sociali tipiche delle community: amicizie, litigi, raduni, lavoro volontario, collaborazione, appartenenza. E credo che proprio l'appartenenza sia la chiave: chi sceglie di aprire un blog su Style lo fa perché vuole appartenere a quel mondo, non al mondo "Internet". Certo, potremmo sviluppare funzionalità che facilitino le visite all'esterno, ma dovendo assegnare delle priorità cerchiamo di soddisfare le esigenze che emergono dalla community, non quelle "giuste".

Non esistono modi giusti e sbagliati di usare la rete (o di fare qualsiasi cosa). Esistono però pochissime persone che la usano in modo consapevole e queste persone troppo spesso coltivano un senso di superiorità nei confronti di quelli che la vivono e basta, senso di superiorità che a me ogni tanto dà un po' di claustrofobia, per quanto lo riconosca denso di ottime intenzioni.

Etichette: ,

14 Commenti:

Alle 7:56 PM, febbraio 17, 2008 , Blogger Alberto ha detto...

Mi sono fatto un campione casuale di blog di Menstyle, e credo di avere capito cosa intendi. Mi viene da pensare che il vostro lavoro sia più difficile se si esplica nei confronti di persone orientate all'appartenenza anziché alla condivisione, perché è questa ultima a generare i massimi benefici di un uso attivo della rete. Ho capito bene?

 
Alle 8:08 PM, febbraio 17, 2008 , Anonymous Giulia ha detto...

Come autrice di MenStyle, e quindi in un certo senso "La Robba/Lisagialla di quest'anno", dico che forse i blog che puntano all'esterno, a comunicare con la rete in generale, portano potenziali nuovi membri della community alla community stessa, ma da soli non bastano a portare la community "fuori", come dici giustamente tu.

E' probabilmente solo un altro dei tanti modi per usare il blog o la community: come piccolo salotto in una casetta di una "gated community", piuttosto che come un appartamento in una gigantesca metropoli.
Dà claustrofobia anche a me: ma io appartengo a un'altra generazione, in un certo senso. Quella che stava su Splinder, ma non si limitava a comunicare con gli utenti Splinder. Splinder era il quartiere, non il mondo.

 
Alle 11:40 PM, febbraio 17, 2008 , Blogger palmasco ha detto...

Ammetto che il resoconto della vostra esperienza con Style, mi fa un'impressione notevole: difficile continuare a sostenere qualcosa, quando questa si oppone ai risultati evidenti di una pratica :)

Il ragionamento che hai ripreso, però, per quanto mi riguarda, cerca di rendere conto e tenere in prospettiva una mia esperienza in rete, lacerante e per certi versi ancora un po' traumatica per me, nel forum di Holden, tra la fine del '99 e la fine del 2003.
Dunque su una piattaforma chiusa, per quanto non gestita.
Una community, potremmo chiarmarla, spontanea, che ha prodotto conflitti gravi ed espulsioni di fatto, per esempio la mia, con un senso anche doloroso d'imposizione.

Riflettendoci mi sono convinto che a quei tempi la percezione condivisa, fosse che non ci fosse abbastanza spazio (d'attenzione) per tutti, e che questo abbia prodotto le dinamiche esasperate di gruppo, che abbiamo subito in molti (se non ce n'è per tutti, solo i più forti ne avranno).

Cinque o sei anni di vita della rete, ancora oggi sono paragonabili ad ere, dunque è comprensibile che oggi nessuno più avverta internet come uno spazio dall'attenzione limitata: più facile che certe dinamiche NON si radicalizzino.

Io non sono un sociologo, e non mi sogno di guardare alla vostra nuova esperienza come ad un esperimento, tra l'altro le auguro il miglior successo, però non posso che meravigliarmi, se ci sarà da meravigliarsi, che una dinamica d'appartenenza all'interno di un ambiente così marcato, non produca tensioni distruttive per il contenitore stesso.

Se così non fosse, come spero non sarà, sarò molto curioso di conoscere o ipotizzare il fattore di cambiamento che avrà permesso la fluidità dell'esperienza :)

 
Alle 3:07 AM, febbraio 18, 2008 , Anonymous Broono ha detto...

Non avevo mai sentito parlare di questa piattaforma e, dopo aver letto il post, ho seguito il link per capire di che si parlava, convinto di trovarmi di fronte una piattaforma per blog come il post lasciava intendere.

Invece sorpresa, mi ritrovo su una pagina occupata per il 60% da grafica (apprezzabile o meno è soggettivo) e per il restante 40 da marchi.
Già a questo livello la mia mente (non voglio fare da riferimento, ma solo aggiungere una casistica non so quanto estendibile) nei primi due secondi ha prodotto un "mai".
Se appena appena un 20% di persone la pensa come me, già sulla hpage ve li siete giocati perché ti fa capire in tre secondi di essere in un posto strutturato non per fare loro (voi) qualcosa per te (noi) ma perché tu faccia qualcosa per loro.
E la domanda "E perché dovrei?" nasce spontanea.

Ma io, si sa, sono notoriamente l'orso del mondo dei blog e delle community, regole e schemi annessi, e per questo mi son detto "vai oltre, vai a vedere", scelta motivata solo dalla lettura del post, naturalmente, perché fosse stato per l'impatto iniziale sarei passato oltre senza troppe titubanze.
Vado oltre e cosa ti scopro al livello 2?
Gli stessi marchi sparsi qui e là e una serie di finestre che mi suggeriscono, sotto voci diverse (i più commentati...i più frequentati...i più aggiornati...), 4 blog per volta, almeno 2 dei quali sono presenti anche nelle altre finestrelle.
La spiegazione è abbastanza semplice:
E' evidente che il più aggiornato sarà contemporaneamente tra quelli con più post, così come mi pare superfluo spiegare sia i complessissimi motivi per i quali quello con più utenti comparirà anche in quello con più lettori, sia quelli secondo i quali una finestra che mi dice chi sono i blog più commentati accanto a un'altra che mi dice quali sono i post più commentati mi genera un effetto che sta a metà tra il "guarda quanto ce l'abbiamo lungo" e il "dobbiamo sommarli per farlo apparire lungo".
E così a livello 2, alle perplessità iniziali si aggiungono quelle che si rifanno alla logica.

Poi un paio di riflessioni le potrei anche fare sugli "ultimi post".
Ma non la faccio, mi limito a fare una domanda:
Di preciso, leggendo:
"Si mente per la realtà che si desidera avere o per quella..."
da cosa dovrei essere invogliato a cliccare?
No, non sto giudicando forma e contenuto del blog in questione (infatti non ho cliccato).
Chiedo in che modo le prime sei parole di un blog (a meno di non trovarsi di fronte Baudelaire, naturalmente) dovrebbero secondo i vostri grafici e sondaggi essere sufficienti per raccontare così bene cosa ci sia oltre tanto da far pensare "Wow! Corro a vedere!"

Ecco, fine del racconto dell'impatto estetico.
Tanti loghi e cartelli stradali confusi e ripetuti, quindi inutili per il fine che si prefissano, che generano solo un effetto "Dovevamo riempire lo spazio perché i loghi son solo 5".

Poi si può entrare nel discorso "community", ma qui vi riempirei un altro A4 di commento e quindi lascio perdere.
Che le community non esistano, non nel senso di replicabilità e indirizzabilità (quindi trasformazione in moneta sonante) che da anni vi ostinate a raccontare voi intendo, è stato argomento di diversi (seppur rari) miei scambi con Vanz e con altri e tutte le volte mi si guardava come quello che non sa come va il mondo perché i blogger sono un mondo, oh, hanno potere, oh, influenzano, oh, minacciano l'informazione, oh, viaggiano per schemi complessi, oh.

E poi ogni esperimento dura un mese o vive dei 4 chiamati a farlo vivere.

In Italia 300 mila sono su splinder e non hanno nessuna intenzione di lasciarla perché sono su splinder per lo stesso motivo per il quale vanno a bere l'ape in corso como e mai si sposterebbero a meno che non si spostino tutti e 300 mila.
I restanti sono su blogspot e su WP.

Ora, una nuova piattaforma può avere due soli obiettivi:
Prendersi gli utenti delle altre già esistenti o prendersi quelli che blogger ancora non sono.

Quindi la domanda:
Perché mai i primi dovrebbero lasciare una piattaforma che dà loro quello che tecnicamente serve e in più anche la sensazione di far parte del mondo che conta (bleah) e i secondi, che non si sono fatti attrarre né dai mezzi tecnici delle piattaforme né da quel fascino di appartenenza che offrono, dovrebbero oggi improvvisamente decidere di aprirsi un blog e di farlo non dove ce ne sono già 300 mila ma dove ce ne sono 3?
Tolto il fatto che le 5 testate ci guadagnerebbero, intendo.

Ché il blogger è sostanzialmente scemo, anche se più o meno convinto grazie al sofisticato meccansimo dell'autoalimentazione del prestigio interno di essere il Russel Crowe dei navigli, ma non abbastanza da non saper distinguere tra una piattaforma fatta per farsi bello anche quando non lo è, e una fatta per accoglerlo solo se bello lo è davvero.
Cioè dopo tre minuti avevo già letto il primo "stiloso"
Brividi.
A 'sto punto meglio Clarence, ché almeno punta al pisello e lo fa senza troppi giri di parole, non al capello stylish e l'occhiale da sole dimensione tv.

Commento lungo, lo so, ma ve ne scrivo uno ogni sei mesi, quindi ho pensato di non pormi il problema.

Resta che vi auguro funzioni, perché vi conosco più o meno tutti personalmente.
Ma tolto questo, sono convinto che no.

Ciao.

 
Alle 8:55 AM, febbraio 18, 2008 , Blogger mafe ha detto...

Alberto (e tutti), MenStyle non è praticamente ancora partito (verrà lanciato il 27 febbraio), quindi analizzare i blog presenti in questo momento ha poco senso. Però sì, hai centrato un punto importante: appartenenza, socializzazione, poca condivisione.

Giulia, io insisto che questa (e altre) community fuori non ci vanno perché non ci vogliono andare, ed è nostro preciso dovere rispettare questa scelta.

Palmasco, anch'io ho vissuto esperienze come quella che descrivi, però sono fallite anche per un mancato ricambio che invece su Style (o su altre situazioni simili) c'è eccome, ogni giorno arriva gente nuova e paradossalmente riesce a entrare molto più facilmente che "da noi".

Il che risponde anche a Broono, che as usual non riesce ad andare più in là del suo naso: il fatto che "perché mai uno dovrebbe" non ha senso in una situazione in cui, su Style, moltissimi hanno già scelto di. E qui io tornerei al discorso che mi sta più a cuore, il rispetto per tutti: se migliaia di persone scelgono un'esperienza di rete come questa, piuttosto che un'altra, non è che non hanno capito, che non sanno, che sono sceme: è che hanno scelto quest'esperienza.

 
Alle 12:00 PM, febbraio 18, 2008 , Anonymous Broono ha detto...

Vabbé.
Tolti i miei soliti modi (da orso appunto) mi pareva di aver dimostrato di esserci andato eccome, oltre al mio naso.
Proprio perché consapevole di dover andare oltre, appunto, anche ai miei pregiudizi, mi sono spinto dentro la community prima di dire qualcosa (sempre se è ancora possibile, dire qualcosa, naturalmente)

Mi pare che di appunti personali che dimostrino che una voglia di "guardare" la cosa ne ho messa, ce ne siano stati.
Poi che siano condivisibili o apprezzati è soggettivo, ma che l'unica risposta a questi sia che io non vado oltre il mio naso mi pare quantomeno sbrigativa, come modalità di confronto.

C'è un post qui che si pone delle domande riguardo a una community che rivela dei nodi da sciogliere in qualche modo.
Alla critica si risponde che la community è "migliaia di persone" sott'intendendo (ma nemmeno troppo) che migliaia di persone non possono sbagliare.
Corretto fino a un certo punto, naturalmente, visto che anche quelli che parcheggiano sul posto per handicappati o quelli che leggono Il Foglio si contano a tre zeri e quelli di Scientology addirittura a sei zeri, ma non per questo non evidenziano un problema.
Ma tolta la personale visione del concetto che la correttezza di una scelta sia direttamente proporzionale al numero di coloro che la compiono, mi viene da chiedere come mai ci si ponga domande come quelle di questo post, se la community conta già, addirittura prima del lancio, MIGLIAIA di appartenenti.
Cioè ancor prima del lancio puoi usare il termine "migliaia" e invece che, come logica vorrebbe, stappare champagne ti poni domande sul perché non funzioni come vorreste e le stesse domande sono addirittura oggetto di diversi post e commenti all'interno dela stessa community?
Nemmeno loro si sono accorti che migliaia di persone hanno già scelto e quindi chiedersi perché non funzioni non ha senso visto che, appunto, funziona?

Ma poi...migliaia?
Ieri sera, mentre lo guardicchiavo, di "on line" c'ero solo io.
Ma sarà stata l'ora tarda.
Al momento, orario di punta della blogcommunuty, ce ne sono 5.
I blog presenti, contati, non arrivano a 150, ci sono "lettere" dell'indice che non ne contano nemmeno uno.
Curioso traffico e curiosi numeri, per una community per rispondere sulla quale liquidi velocemente l'interlocutore dicendogli "Se migliaia di persone scelgono un'esperienza di rete come questa..."
E, appunto, SE.

Comunque nulla, ho letto il post, sono andato a vedere, mi sono permesso di segnalare delle cose e di aggiungerci un parere personale.
In genere i nuovi prodotti spingono per ottenere queste cose proprio perché servono loro per ritarare o confermare le scelte lungo il cammino.
Voi no?
Pace, ci mancherebbe.

Saluti.

 
Alle 4:19 PM, febbraio 18, 2008 , Blogger PippaW ha detto...

E se pensassimo che una persona in una community vuole sentirsi parte di un club esclusivo, di un'area tutta sua e che non abbia necessariamente voglia di viaggiare su altri lidi?

In fondo se approdi su un'isola felice, dove conosci tutti e ti senti a casa, perché andare a vedere cosa c'è dietro l'angolo?

Questo secondo me vale molto per le donne, forse anche perché sono meno "tecnologiche", in generale. Chissà se anche gli uomini di MenStyle avranno la tendenza a fare gruppetto o invece sfuretteranno a destra e a manca :-)

 
Alle 5:13 PM, febbraio 18, 2008 , Blogger mafe ha detto...

Broono, a te piace tanto scrivere, ma leggere poco.

Riproviamo:

a) la community non è ancora stata lanciata (i numeri a cui faccio riferimento sono quelli di Style)
b) questo post parla della tendenza di questo tipo di community (non di questa community in particolare) a frequentare poco altre community: se tu mi tiri fuori la pubblicità, sarà anche interessante, ma non è di questo che stiamo parlando. E il mio punto non è che migliaia di persone non possono sbagliare, ma che vanno rispettate se fanno cose diverse da quelle che noi consideriamo giuste. Se vuoi parlare di questo, mi fa piacere.

Pippaw, grazie per avermi aiutato a chiarire la mia posizione :-)

 
Alle 5:56 PM, febbraio 18, 2008 , Anonymous Auro ha detto...

Mi piacerebbe pensare che ognuno sta dove vuole come vuole, senza troppe regole, ma quelle che ci sono che siano poche e ferree... lasciando al buon senso il controllo degli umori: uno dei lati positivi di Style è che questa "tendenza" viene seguita e apprezzata anche delle utenti.
Niente ha tolto che alcune utenti si iscrivessero a BlogBabel, che alcune decidessero di spostarsi su un'altra piattaforma con un dominio di proprietà, ma tutte hanno cercato poi di mantenere i contatti e la loro frequentazione su Style. Abbiamo assistito ai normali abbandoni (con lacrime e dolore) e ai normali rientri (con le orecchie basse o con sonori colpi di tromba). Non abbiamo mai cercato di fermare una "migrazione" verso l'esterno... è che sembra che loro non siano molto interessate, anche quando particolarmente "stressate" sulla cosa. Funziona così, se inizialmente la cosa mi stupiva (e un po' mi preoccupava), adesso la comprendo e la assecondo pure, se necessario. E se - come dice Justine - gli uomini saranno maggiormente esploratori... meglio.

 
Alle 11:20 PM, febbraio 18, 2008 , Blogger vanz ha detto...

ma siamo davvero così stupiti che, in una specie e cultura tendenzialmente stanziale come la nostra, chi apre un blog si cerchi un ambiente confortevole in cui farlo, e decida di fermarsi lì?

per dire: prima di trarre queste conclusioni mi chiederei: quanti nuovi blog aggiungo al mio blogroll ogni mese? quanti di essi appartengono a persone di fascia d'età diversa dalla mia o di ambiente sociale, culturale e politico diverso? quanti nuovi ambienti esploro? quante volte ho sanobbato ambienti frequentati da altri come la chat, twitter, myspace, facebook, solo per fare i nomi dei più famosi? quante volte sono entrato nell'universo dei newsgroup o di IRC? quante volte ho commentato blog non italiani? quante volte ho contribuito o anche solo linkato le discussioni su wikipedia, digg, reddit, slashdot o qualunque altro ambiente collaborativo? non sarà che ho trovato anch'io la mia confortevole blogosfera e l'ho messa al centro dell'universo? e sono davvero convinto che la blogosfera italiana sia un universo e non un quartiere di periferia?

 
Alle 2:26 AM, febbraio 19, 2008 , Anonymous Broono ha detto...

Ma sai, Mafe, in fondo leggere/scrivere sono due pratiche abbastanza simili.
Difficile avere la passione di una senza avere anche l'altra.
Se poi per "non ami leggere" intendi dire che parto da un punto e lo sviluppo magari in direzioni diverse, magari partendo da spunti offerti che apparentemente sembrano secondari e invece non lo sono, allora sì, hai ragione, non amo leggere.
Nel senso che quando leggo che su centoventi osservazioni se ne saltano 119 per focalizzarsi sull'unica correggibile, tendenzialmente mi passa la voglia.

Echissenefrega, dirai tu.
E io non potrò che darti ragione, ognuno è libero di leggere (e scrivere) ciò che preferisce, ma va detto che sotto un post che si domanda (o vuole spiegare) come funzionino le community e perché queste tendano alla chiusura su sé stessi sotto forma dei confini di quella alla quale si appartiene, come approccio al dialogo (interscambio?) è quantomeno curioso.

Parlavo di pubblcità, sì.
Ma anche di interfaccia incontrata nel portale, quindi di fruibilità.
Tu mi potrai anche correggere e indicare col dito la direzione che devo prendere se voglio la tua attenzione, ci mancherebbe, liberissima.
Ma io allora ti posso rispondere che senza andare troppo lontano, senza andare a guardare nei giardini delle community altrui, le dinamiche di una community non sono diverse da quelle di un blog, che è sé stesso una community.

Tu hai la tua, questa, dove si scrive di web, di piattaforme, si usano termini ai "passati per caso" spesso incomprensibili, si fanno ragionamenti spesso chiari solo a chi ne condivide il vocabolario, a volte si fa quasi fatica a seguirne i fili tanto sono settoriali.
E verrebbe da dire che è una scelta normalissima, ci sono fior di blog settoriali, community chiuse in sé stesse e fruibili solo da chi ne fa già parte.

Ma poi leggendo ci trovi anche post personali, notizie via twitter (o come cavolo si chiama) sulla marmellata che si sta spalmando sul pane in vacanza e analisi sul perché tutti dovrebbero superare il tabù del twitter in vacanza, anche quelli che nel web, almeno in vacanza, non ci vogliono stare.
E così percepisci che no, non è settoriale.
E' settoriale ma nel senso che cerca di portare dentro il settore anche chi ne é fuori.

Ma poi quando qualcuno che ne è "fuori" entra in un post e si permette di non seguire i binari della discussione proposta, o meglio di non farlo nel modo che ci si aspetta, tu gli dici che sì, potrebbe anche essere interessante l'argomento pubblicità (e come si muovono le community, se non con le regole della pubblicità, più o meno virale e come stanno unite le persone, se non per senso di appartenenza, che è la base della pubblicità?) ma magari un'altra volta perché oggi si parla d'altro quindi uniformarsi al post grazie e le uniche parole che spendi sono per indicare la traccia del tema.

E di risposte sui suoi (d'accordo OT) temi, manco una.
E che era, un'interrogazione?
Si sarebbe rotta la tastiera se mi avessi comunque risposto sul mio modo di essere entrato nel tema?

Capita così che quella che poteva essere una normalissima chiacchierata che da una community era partita e sulle community sarebbe arrivata, si è tradotta in un "Tu non vuoi leggere, qui si parla di questo e non di quello che dici tu"

Ecco, il motivo per cui le community sono chiuse in loro stesse e non si uniscono a quelle vicine: perché spesso non si è capaci di farlo nemmeno all'interno del singolo blog, questo processo, se solo l'intruso non si allinea, figurati in un gruppo di "migliaia" di questi qui.

Un saluto alla cara Auro.

 
Alle 8:23 AM, febbraio 19, 2008 , Blogger mafe ha detto...

Broono, io dico che tu non vuoi leggere perché ignori (o scegli di ignorare) informazioni che viziano il senso del discorso che stiamo cercando di fare, discorso che a me interessa molto e se devo deviare preferirei per esempio un parallelo con la sinistra, che ha un atteggiamento molto simile a quello dei "bravi" dei blog.

Fermo restando il tuo diritto di parlare qui di quel che vuoi, e il mio di non concederti risposte che non siano gentili sfottò.

 
Alle 2:27 PM, febbraio 19, 2008 , Blogger palmasco ha detto...

Dopo aver chiarito che di fronte ad un'esperienza come la vostra non mi pongo in modo critico o argomentativo, ma analitico, per cercare di comprendere, leggendo i commenti sento il bisogno di aggiungere una riflessione.

Ok, registriamo un comportamento di permanenza nella piattaforma, con zone più o meno permeabili di entrata/uscita, le diamo il valore di "appartenenza", la descriviamo come il bisogno di trovare un'area protetta e familiare, da "club esclusivo", che assecondi e risolva il desiderio di avere un'esperienza della rete di prima mano.
Il legante quindi, l'emozione capace di produrre "appartenenza", è l'esclusività (legata alla testata, vera o percepita che sia, non importa).
Mi sembra accettabile, non vedo difficoltà.

Dove faccio fatica a vedere una prospettiva, e quindi una spiegazione convincente del legante, è che perfino in Italia - col suo ritardo tecnologico e la miopia del management -, "accedere ad internet" penso che resterà un'esperienza esotica ancora per (relativamente) poco, anche ai livelli di prima alfabetizzazione informatica della maggioranza.

Sparita la leva "esotismo", per tutti i consumatori sarà chiaro quello che per il gruppo della prima ora è chiaro da tempo: che il vero privilegio, la differenza vera della rete rispetto agli altri media, è il valore "informazione" e "circolazione dell'informazione", inclusa quella intimistica/personale.

Senza questo perno fondamentale, che impone per sua natura ANCHE (ma non solo) comportamenti attivi, è meglio trovarsi a casa, al circolo, al bar, in piazza, insomma dovunque sia possibile vedersi a quattr'occhi.

Sono d'accordo: una persona con aspettative normali, può non saperlo o non riconoscerlo, ma è chiaro che lo scoprirà, per quanto in modo magari non consapevole, durante l'esperienza di prima mano, finendo per cercare altrove; perché ai fini dell'appartenenza, e solo di quella, la rete è un contenitore vuoto e obiettivamente meno soddisfacente di tanti altri.

Indurli ad un comportamento attivo verso l'informazione e la sua circolazione, a me quindi non pare un optional (una scelta che si può fare o non fare senza che cambi nulla), o il tentativo di un'interferenza da parte di chi usa la rete in modo diverso, per evangelizzare gli altri a partire dal proprio punto di vista, ma al contrario mi sembra un uso intelligente e orientato ad un fine (la permanenza in rete), del tempo che una matricola è disposta a dedicare alla novità.
Proprio perché in rete entrino e rimangano con soddisfazione persone che hanno o potrebbero avere altri modelli d'interazione con l'informazione.
Ma certo, direte voi, da casa mia è facile teorizzare :-) Come darvi torto?

 
Alle 6:03 PM, febbraio 19, 2008 , Anonymous Broono ha detto...

"se devo deviare preferirei per esempio un parallelo con la sinistra, che ha un atteggiamento molto simile a quello dei "bravi" dei blog."

Eh, quindi?
Dov'è il parallelo con la sinistra?
Chi sono i "bravi" del blog?
Dov'è il conten...

Ah già...che scemo...è la traccia per il tema.
A svilupparlo ci dovrei pensare io evenutalmente, tu mi hai solo detto a cosa, nel caso, risponderesti.

Niente, è proprio un'impostazione.
Sicuri che "maestrini" sia "per caso"?

:)

(è un gentile sfottò)

Ciao,
per altri sei mesi non ti rompo più le balle, promesso.

 

Posta un commento

Link a questo post:

Crea un link

<< Home page