Sono qui a Parigi, seconda giornata di le web 3: stimoli, idee, persone e adrenalina viaggiano fuori dal palco, dove vola qualche marchetta di troppo; vino, dolci e formaggio, un caffé lento ma buonissimo, pochi interventi che giustificano la fatica di essere qui e non in giro per Parigi in una giornata di sole. Trovo riposante che nessuno sappia chi sono (come è ovvio che sia) e di poter ascoltare e imparare e chiacchierare (anche grazie alla generosità di
Paolo, che mi ha presentato
Marc e
Anina).
Passo indietro: BarCamp Torino, gruppo di persone che per tutto il giorno cazzeggiano e ridono e si cercano. La realtà: quel gruppo in parte non esisteva, prima: si è creato a Torino nel corso della giornata. La metà delle persone che sono intervenute durante il nostro discorso su aggregatori e user generated revenue non sapevo neanche chi fossero, ma ho passato con loro il resto della giornata. La percezione degli esterni (pochi, spero): un'élite coesa e determinata nell'escludere gli altri. Qui a Parigi, dall'altra parte del palco, capisco questa percezione? Ma neanche per idea.
Mi dispiace,
Simone: cercare di capire se le dinamiche di aggregazione ed esclusione del mondo reale si applicano anche agli ambienti digitali è sacrosanto; farlo analizzando le relazioni digitali quando prendono corpo in ambienti reali è un controsenso.
Qual è il punto? Online io posso frequentare e dare attenzione a decine di persone contemporaneamente: per le relazioni vale la stessa magia dei beni digitali,
posso darti il mio senza privarmene. La socialità online è incredibilmente superiore a quella offline perché online siamo ubiqui e multitasking, offline siamo limitati e obbligati a scegliere. Con quante persone puoi parlare contemporaneamente? Online, decine, se non centinaia; offline, si contano sulle dita di una mano (se sei molto estroverso). Nel corso di una giornata a quante persone puoi dare attenzione, calore, risposte sensate? Online, decine; offline, io personalmente dopo poco sono sfinita, succhiata, estraniata.
Non penso affatto che sia meglio frequentare le persone solo in ambienti digitali, evitando il confronto diretto, che è necessario per verificare sulla carne le affinità mentali. Online io ho la percezione di un rapporto bidirezionale con qualcuno di cui leggo il blog tutti i giorni: ma se questa persona non mi legge, non sa niente di me e porca troia non è colpa sua (soprattutto se non ti sei mai manifestato, online e offline). Dobbiamo però accettare il fatto che offline la nostra energia sociale è una risorsa scarsa e che se posso condividere me stessa con tutta l'anima in rete, non posso oggettivamente farlo di persona. Per questo se a volte, quando ci ritroviamo tutti insieme, a un certo punto sembra che questa risorsa sia finita, pensiamo sempre che sia un sintomo di introversione, stanchezza e timidezza, mai e poi mai di elitarismo e chiusura. Online la distribuzione della nostra attenzione è invisibile: offline diventa evidente, ma non vedo come si possa pretendere ciò che è fisicamente impossibile, e cioè che le persone di cui pretendiamo l'interesse debbano per forza concedercelo (e se non lo fanno, sono degli snob che se la tirano).
Fosse per me, prenderei
Danah e
David, li ammanetterei a una sedia e li costringerei a parlare con me fino all'alba di domani: invece so che se ho qualcosa di sensato da chiedergli risponderanno a una mia mail domani, perché online puoi concedere quell'energia che di persona è incredibilmente limitata nel tempo e nello spazio e che, essendo umani (e non politici), scegliamo di dedicare solo a qualcuno, e sempre e solo per una questione di pelle, mai di interesse.
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