I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

10 dicembre 2008

Il Post sotto l'Albero 2008 ("ma ancora?!?")

Come ogni anno, e come molti di voi sanno già, la crème della blogosfera italiana si congiunge virtualmente, unisce le pance e le menti e, al termine di un lungo mese di frenetici scambi di mail, sessioni di scrittura notturne e riti orgiastici vari, espelle - sotto le cure ostetriche di Sir Squonk - il manufatto qui sotto linkato, ovvero il Post Sotto l'Albero, antologia e raccolta di scritti e foto in totalòe libertà sul/dal/per il Santo Natale.
Perfetto per gli oziosi pomeriggi festivi (e stavolta causa lungo ponte festivo ce ne saranno un casino, che bello :)

Io quest'anno - come quasi sempre, causa orrenda pigrizia, maleducazione e scarso senso civico - non partecipo, quindi posso consigliarlo e diffonderlo senza conflitti d'interessi. Però mafe c'è, con una foto a pagina 80 (un po' pigra pure lei, quest'anno). Prendete e leggetene tutti. Amen.

I numeri:
72 post, 116 pagine, 1.451 paragrafi, 4.135 righe, 41.954 parole, 208.616 caratteri spazi esclusi, 249.743 caratteri spazi inclusi.



Fate buone feste. Buon Natale non ve lo dico perché è piuttosto evidente che quest'anno porta sfiga.

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20 gennaio 2008

Le cose vere e le parole di carta

In Nuovomondo di Emanuele Crialese, la madre analfabeta dei due protagonisti rifiuta un volantino dicendo "nu sacciu leggere le parole di carta", e chiede di sfogliare delle fotografie (che sono evidenti fotomontaggi 1) definendole "cose vere". Immagini come cose vere, in contrapposizione alle parole di carta. Che l'immagine sia più immediata della parola scritta non c'è dubbio, soprattutto per un analfabeta. Ma si può affermare che la comunicazione per immagini stia sostituendo la comunicazione scritta, e che questo rappresenti una sorta di analfabetismo di ritorno globale?

No. E sarebbe una grave leggerezza affermare - come ha fatto in malafede Steve Jobs recentemente - che "people don't read anymore 2", perché semplicemente non è vero: la free press è un fenomeno di massa degli ultimi anni, da sempre il Web è in gran parte scritto, l'accesso alla lettura è un fenomeno in costante crescita nei paesi in via di sviluppo. Ma non si può nemmeno ignorare che ci sia un cambiamento in atto, sul Web: i post nei blog dei teenager sono sempre più costituiti da embed di video, fenomeni come Tumblr 3 spingono molto più verso la ripubblicazione di testi e immagini altrui che verso la produzione di contenuti originali, i 140 caratteri di Twitter sembrano voler ridurre la conversazione a SMS 4.

E c'è anche un'altra questione in ballo, che è lo scegliere la forma di comunicazione giusta per il tipo di contenuto che si desidera trasmettere. Se quello che devo dire non richiede l'ausilio di immagini in movimento, fare un video invece di un post scritto è una soluzione inefficiente, poiché il video è sequenziale: devo vederlo di seguito, non è facile saltare alle parti che mi interessano, mi impone i suoi tempi 5.

Eppure basta dare un'occhiata a YouTube in modo un po' più approfondito di quanto facciano i quotidiani normalmente, evitando di fermarsi al semplicistico "è la nuova TV", per capire che la conversazione in forma di video su YouTube è scelta da milioni di persone come modalità primaria di conversazione 6. YouTube è una community di persone che hanno scelto di discutere in forma di video, come Flickr è la community di persone che hanno deciso di comunicare per immagini. Non è analfabetismo di ritorno: è una scelta precisa. I contenuti di un post video sono gli stessi che uno trasmetterebbe in un post scritto. E non sarebbe possibile trasmettere con un post scritto i contenuti emozionali di una foto su Flickr 7.

Quindi la differenza più importante non è tra forme di comunicazione - per immagini o scritta - ma tra uso attivo e passivo del media, ovvero tra produrre o meno contenuti "originali" (e qui si potrebbe discutere sul significato di originale 8, e se la tipica ripubblicazione su Tumblr sia o meno una forma di comunicazione passiva). Che la modalità di espressione sia in forma di video, per immagini o scritta, poco cambia: c'è forse qualcosa che consente di affermare che la scrittura sia più nobile, più utile o più educativa della comunicazione per mezzo di immagini?




1 su questa cosa di quanto sia evidente un fotomontaggio per un analfabeta siciliano di inizio secolo potrei intrattenervi per ore, e sarete lieti che ve lo risparmi.

2 in risposta a una domanda sul Kindle come competitor di iTunes, cosa che francamente non sta né in cielo né in terra.

3 per avere un'idea, il mio Tumblr è qui e come vedete non è che ci sia molto di originale.

4 sulla scelta di Twitter di forzare i 140 caratteri ma di non consentire una modalità di comunicazione sincrona (in parole umane, una chat) ho mugugnato parecchio in passato, e continuerò a farlo.

5 o meglio: mi occupa tutta la banda dedicata ai canali sensoriali utili: non posso guardare un video e ascoltare musica, mentre posso leggere e ascoltare musica

6 non ci credete? guardate le 52 risposte in video a un post, o le 79138 risposte per iscritto. 79138. quand'è l'ultima volta che avete visto il post di un blog con 79138 commenti?

7 non sei d'accordo? allora scrivimi questa o questa, su un blog.

8 non ci penso neanche.

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21 ottobre 2007

Call me Cassandra

Qualche giorno fa ho scritto:
Chi vuole vendere il suo blog e la reputazione con esso guadagnata, è liberissimo di farlo, ma per favore, non mettetemi (non metteteci, che il Maestrino sottoscrive) nello stesso campo da gioco.
Frase che basta conoscere a memoria Pulp Fiction per capire che non c'era nessuna intenzione di definire buoni e cattivi, ma che sono due cose diverse.
D'altra parte, qualche mese fa avevo scritto:
Quello che vedo più pericoloso, in termini di contaminazione di una dinamica fertilissima di condivisione disinteressata, è l'ambizione di usare il proprio blog come trampolino di lancio per la visibilità sui media, la popolarità e la professione. Pericoloso non in assoluto, ma solo quando genera una scrittura paraprofessionale, la convinzione di dover "coprire" tutti gli argomenti e un'inconscia (ma anche no) mediazione tra ciò che si desidererebbe scrivere e ciò che conviene scrivere.

In quest'ultimo caso a mio parere sarebbe opportuna una maggiore consapevolezza del fatto che, a prescindere dallo strumento utilizzato, si esce da una dinamica sociale per entrare in una editoriale, cambiando a tutti gli effetti campo di gioco.
Sarà anche per questo che non riesco (ancora) a indignarmi per il decreto legge che estende l'obbligo di registrazione al ROC a "qualsiasi attività editoriale su web" (diciamo che mi indigno che ci sia una roba come il ROC, a prescindere dalle recenti modifiche). In realtà il testo del decreto, nel definire quali sono le "attività editoriali" che dovranno registrarsi, le specifica così:
"Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L'esercizio dell'attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative".
A me sembra (ma posso sbagliarmi) che "nonché" sia una subordinata aggiuntiva, molto vicina a un "relativa" che lega le due cose. Questo vorrebbe dire che al ROC si deve registrare chi realizza un prodotto editoriale (anche se sotto forma di blog) E ne vende la pubblicità, non chi ha un blog a puro scopo sociale (la stragrande maggioranza). La frase sulle finalità non lucrative può trarre in inganno, ma lo scopo di lucro non è determinato dalla presenza di scambi economici.

Se è così, io non riesco a combattere un decreto che determina maggiori responsabilità per chi svolge un'attività professionale online (è questo l'altro "campo da gioco" di cui parlo da mesi), anche perché è una misura che riguarda davvero un numero minimale di siti che spesso del blog hanno solo il software (anche se certe sirene che millantano enormi guadagni stanno aumentando il numero di futuri delusi in giro).

Se invece quel "nonché" è volutamente impreciso e il decreto mira davvero a far registrare al ROC tutti i blog, è l'ennesima legge inapplicabile (come quella che avrebbe dovuto obbligare tutti a consegnare in biblioteca una copia del proprio blog) e davvero non riesco a vederla come una "Internet Tax", soprattutto considerando la pronta smentita del responsabile della legge.

Condivido l'ansia per qualunque tentativo di regolamentare la libertà di espressione in rete e detesto la burocrazia di strumenti come il ROC, ma credo sia opportuno restare calmi, evitare gli slogan (qualunque cosa sia, non è una "internet tax") e accettare il fatto che la rete non è (e non deve essere) una zona franca in cui valgono regole più lievi per chi informa (i blog tematici) o peggio ancora per chi diffama.

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20 settembre 2007

Corollario di Beppe Grillo

Chi critica le classifiche sta disperatamente cercando di scalarle.

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25 maggio 2007

Pronti, partenza

Via: treno per Rimini alle 15, domani FemCamp a Bologna, domenica se è bel tempo spiaggia, se è brutto leggo e mangio :-)
Sto trascurando il blog, lo so, ma è uno di quei momenti nella vita che adesso o mai più (e una vocina nel profondo implora "mai più").
Però ti amo lo stesso, a tutti.

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05 aprile 2007

O laici o morte

Non sono obiettiva, lo so, perché Marco è un amico, un cliente e una persona che stimo molto. Non dovreste fidarvi di me, però un giro su "i coming out non finiscono mai" fatelo. Magari con uno straccetto rosa legato alla borsa, ai passanti dei jeans, al naso, a quel che volete.

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15 marzo 2007

Vicinati

Non so se avete presente quella sensazione, un misto di rosico e di gratitudine, tipica di quando leggi qualcosa che esprime alla perfezione ciò che da tempo pensavi di dire, ma con una chiarezza, una competenza e una sicurezza che tu di solito ti sogni.
A me sta succedendo con La parte abitata della rete di Sergio Maistrello, che ringrazio per il gran lavoro fatto e per il notevole equilibrio tra entusiasmo e tranquillità che dovrebbe rendere facile digerire questa deliziosa "guida turistica" anche a chi ha pregiudizi o paure.

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05 marzo 2007

Pentiti!

Ehi, tu, sì proprio tu, guarda che lo so che non hai ancora fatto il tuo dovere con Diario Aperto. Stanno tenendo le porte aperte apposta per te, ancora per un po', però non procrastinare oltre e cogli al volo l'occasione di criticare segretamente i Maestrini in un documento ufficiale.

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02 marzo 2007

Paura

In questi giorni mi censuro praticamente un post su due. Non mi piace per niente.

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05 febbraio 2007

Random notes on blogging, by Gapingvoid

I have yet to meet a blogger who I would describe as a "Thoroughbred Scumbag" (un orrendo pezzo di merda)

A lot of serious bloggers became so because frankly, they had a lot of time on their hands. And often there were good reasons for that.

Blogging is a great way to make things happen indirectly.

Corporate America doesn’t really like blogs. Like I care.

It's tempting to think "Everybody should have a blog". About as tempting as the thought, "Everybody should be able to write well". And about as realistic.

Sixty million blogs. Sixty million business models.

If a blog doesn't allow comments, then yes, it's still a blog. People who say otherwise are just getting in touch with their "Inner Idealistic Wanker".

...e il resto

(via Paolo, su del.icio.us)

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07 gennaio 2007

I consigli non richiesti dei Maestrini

1 Quando si arriva in un nuovo newsgroup o in una nuova lista di distribuzione via posta elettronica, e' bene leggere i messaggi che vi circolano per almeno due settimane prima di inviare propri messaggi in giro per il mondo: in tale modo ci si rende conto dell'argomento e del metodo con cui lo si tratta in tale comunita'.
Detto in altri termini, se vuoi seriamente polemizzare su *qualunque cosa*, prima assicurati che le tue brillanti e radicali invettive (vedi tormentone su mappe & co, ma non solo) non siano già state proposte in precedenza (fenomeno noto anche come "2.5 - il problema del bello oggettivo"). Farai miglior figura partendo da dove ci si era lasciati l'ultima volta (Google è pure amico tuo, no?) e la conversazione potrà avanzare, per il bene di tutti, anche per il tuo.

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12 dicembre 2006

Networking e amicizie

Sono qui a Parigi, seconda giornata di le web 3: stimoli, idee, persone e adrenalina viaggiano fuori dal palco, dove vola qualche marchetta di troppo; vino, dolci e formaggio, un caffé lento ma buonissimo, pochi interventi che giustificano la fatica di essere qui e non in giro per Parigi in una giornata di sole. Trovo riposante che nessuno sappia chi sono (come è ovvio che sia) e di poter ascoltare e imparare e chiacchierare (anche grazie alla generosità di Paolo, che mi ha presentato Marc e Anina).
Passo indietro: BarCamp Torino, gruppo di persone che per tutto il giorno cazzeggiano e ridono e si cercano. La realtà: quel gruppo in parte non esisteva, prima: si è creato a Torino nel corso della giornata. La metà delle persone che sono intervenute durante il nostro discorso su aggregatori e user generated revenue non sapevo neanche chi fossero, ma ho passato con loro il resto della giornata. La percezione degli esterni (pochi, spero): un'élite coesa e determinata nell'escludere gli altri. Qui a Parigi, dall'altra parte del palco, capisco questa percezione? Ma neanche per idea.
Mi dispiace, Simone: cercare di capire se le dinamiche di aggregazione ed esclusione del mondo reale si applicano anche agli ambienti digitali è sacrosanto; farlo analizzando le relazioni digitali quando prendono corpo in ambienti reali è un controsenso.
Qual è il punto? Online io posso frequentare e dare attenzione a decine di persone contemporaneamente: per le relazioni vale la stessa magia dei beni digitali, posso darti il mio senza privarmene. La socialità online è incredibilmente superiore a quella offline perché online siamo ubiqui e multitasking, offline siamo limitati e obbligati a scegliere. Con quante persone puoi parlare contemporaneamente? Online, decine, se non centinaia; offline, si contano sulle dita di una mano (se sei molto estroverso). Nel corso di una giornata a quante persone puoi dare attenzione, calore, risposte sensate? Online, decine; offline, io personalmente dopo poco sono sfinita, succhiata, estraniata.

Non penso affatto che sia meglio frequentare le persone solo in ambienti digitali, evitando il confronto diretto, che è necessario per verificare sulla carne le affinità mentali. Online io ho la percezione di un rapporto bidirezionale con qualcuno di cui leggo il blog tutti i giorni: ma se questa persona non mi legge, non sa niente di me e porca troia non è colpa sua (soprattutto se non ti sei mai manifestato, online e offline). Dobbiamo però accettare il fatto che offline la nostra energia sociale è una risorsa scarsa e che se posso condividere me stessa con tutta l'anima in rete, non posso oggettivamente farlo di persona. Per questo se a volte, quando ci ritroviamo tutti insieme, a un certo punto sembra che questa risorsa sia finita, pensiamo sempre che sia un sintomo di introversione, stanchezza e timidezza, mai e poi mai di elitarismo e chiusura. Online la distribuzione della nostra attenzione è invisibile: offline diventa evidente, ma non vedo come si possa pretendere ciò che è fisicamente impossibile, e cioè che le persone di cui pretendiamo l'interesse debbano per forza concedercelo (e se non lo fanno, sono degli snob che se la tirano).
Fosse per me, prenderei Danah e David, li ammanetterei a una sedia e li costringerei a parlare con me fino all'alba di domani: invece so che se ho qualcosa di sensato da chiedergli risponderanno a una mia mail domani, perché online puoi concedere quell'energia che di persona è incredibilmente limitata nel tempo e nello spazio e che, essendo umani (e non politici), scegliamo di dedicare solo a qualcuno, e sempre e solo per una questione di pelle, mai di interesse.

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