I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

18 maggio 2007

Armonia

Il tuo successo e la tua realizzazione personale saranno direttamente collegati alla capacità di aumentare il benessere del tuo gruppo, della tua tribù o della tua comunità.

Se ne è accorto anche Brezny.

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02 aprile 2007

Social media

C'è un motivo per cui li chiamiamo social, stì new media, anche se c'è chi si ostina a pensarci tutti in casa a volare su seconlaif.
Venerdì sera, la rivincita delle nerd (grazie, Amanda). Alle 22.20 mi si scarica la batteria, ricordo solo di aver baciato Bru e poi mi sono svegliata sabato mattina con un'ora e mezza di ritardo per il Camp.
Arrivo alla Bicocca che sembra The Day After, entro in un'aula identica a quella dello scritto di Storia Contemporanea (sudori freddi correlati), sono le 10:30 e Bru e Folletto stanno finendo di introdurre la giornata. Bene. Poi prende la parola Goetz e alle 11:10 siamo ancora alla slide 231, su come comportarsi nelle prossime ore. Esco e mi dedico agli interstizi, con piacevoli visite a punteggiare i soliti cazzeggi tra amici (Ehi, Lele, ti è andato giù il blog).
Ritalia Camp, nonostante le ottime premesse, non ha funzionato. Secondo me non ha funzionato perché ci siamo preoccupati troppo (anch'io che non ho fatto nulla oltre a ingozzarmi di formaggio al barolo) di farlo funzionare in modo diverso dagli altri (vedi introduzione in aula magna). Se questo Camp aveva bisogno di qualcosa di diverso, era di un "facilitatore" per ogni intervento, qualcuno che tenesse i tempi, ricordasse l'obiettivo, frenasse la voglia di business, non prima, ma durante. Da tenere a mente per la prossima volta.
Ritalia Camp, nonostante le apparenze, ha funzionato alla grande. Ha mostrato a tutti cosa può uccidere i Camp e perché. Non sono mai stata così contenta di non aver niente da vendere e nessun interesse da perseguire. Il lusso di poter parlare solo con chi vuoi e perché ti sta simpatico. Il piacere di potersi dedicare a un cliente solo perché è una delle persone più interessanti tra quelle strepitose che ti circondano. Sono un'anima pura? Sono un'anima pura: vorrei che il Camp fosse una giornata in cui viene solo chi è libero da se stesso, dal budget e dal networking, se non sarà più così noi che abbiamo bisogno di queste cose inventeremo un altro spazio. Solo così può funzionare.

Alle 15 scappo. Arrivo a casa, mi addormento con il badge del Camp che mi si infila nella pancia. Un'ora dopo, doccia, sveglia e cambio di look: aperitivo del blog Grazia, gentilmente offerto da Stronza. Perché? Perché ne aveva voglia. Giusto a ricordare che l'economia del dono esiste e si concretizza anche in camerieri in guanti bianchi, champagne e sorrisi e abbracci di quelli che ti fanno fare sogni belli.

Grazie ancora quindi ad Amanda, a Bru e Folletto e tutti gli altri che si sono sbattuti per il Ritalia Camp senza secondi fini, a San Lorenzo, a tutti i miei amichetti perché esistono e a Stronza (di nome e di fatto, se no si offende).

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05 febbraio 2007

L'altruismo calcolato

Da qualche anno frequento gli oroscopi come forma letteraria, cercando di recuperare la natura politica (anche tra me e me) del vaticinio degli antichi. Far quadrare oroscopi contrastanti è un bell'esercizio mentale e diplomatico (oltre che fonte di notevoli ghignate).
Frequento solo oroscopi scritti bene e filosoficamente aperti, gli unici capaci di far risuonare ciò che da sola non riesco a impormi: ho sempre dovuto simulare un Super Io esterno stile "Il Grande Capo" di Lars Von Trier e preferisco che sia uno sconosciuto a dirmi cose tipo "If you share your extravagant ideas too quickly now, you may get more criticism than praise."
Tra i miei preferiti, ovviamente Brezny e un paio di newsletter americane, ma ieri è stato Pesatori (D di repubblica) a fulminarmi:
"Non soffrite di altruismo calcolato. Sapete essere fedeli a una visione che non subisce né propone inganno, e non valutate voi stessi come un utile da non concedere a nessun altro".

Ecco, era tutto qui, quello che cercavo di dire parlando di blogger professionisti :-)

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22 gennaio 2007

Il mercato e la professionalità

La querelle che contrappone blogger professionali e blogger amatoriali mi ha sempre visto schierata tra i primi, fin dai tempi in cui La Pizia ostentava la gif "la prima regola del blog è che non si parla di blog". Non fosse altro che per la libertà di poter parlare di ciò che si vuole sul proprio blog, non ho mai capito che fastidio potesse dare che un gruppo di persone amasse riflettere sullo strumento usato, soprattutto se coincidente in tutto o in parte con l'ambito di lavoro (o di studio).

Oggi che la querelle pare contrapporre blogger professionisti e blogger amatoriali, mi trovo senza ombra di dubbio tra i secondi, per ragioni che hanno assai a che fare con riflessioni fatte in questi anni tutti insieme sull'economia del dono e sulla serendipità.

Quando dico che un blogger che ha cura del suo blog per obiettivi espliciti di guadagno o visibilità non è più un blogger non intendo nè esprimere giudizi moralisti, tipo "il denaro contamina", nè attribuire particolari connotati positivi alla figura del "blogger" in quanto tale. La mia è una pura definizione tecnica, una distinzione che prende le mosse dal gonzo marketing e dalla sua lode degli amatori e dei dilettanti.

Nel momento in cui un blogger gode delle ricadute positive della sua passione, del suo impegno libero e disinteressato, della sua generosità, l'intero sistema ne guadagna e niente viene sottratto alle dinamiche virtuose delle community (di tutte, non solo quelle blog based). Nel momento in cui un blogger perde la sua libertà perché scrive (o usa altri strumenti di comunicazione) in vista di un fine, esce dall'economia del dono ed entra nell'economia di mercato: il suo scopo non è più il divertimento o la riflessione o la scrittura, ma un obiettivo preciso (che può anche essere assai positivo, come la copertura professionale di un argomento, non è questo in discussione).

Pur restando disinteressata a una precisa definizione di blog (o di community, o di social media) sono sempre più portata a identificare la soglia tra il divertimento (in senso letterale) e il lavoro in termini di necessità di mediazione. Meno sono libera di scrivere il cacchio che voglio, più quello che scrivo in rete diventa un lavoro, anche se non produce risultati economici (un buon esempio può essere mantenere posizioni in classifica, non dispiacere i lettori o aumentare la propria popolarità/link/commenti).

Le metriche, utilissime per chi cerca di capire e utilizzare professionalmente i social media (disclosure: io per prima), diventano deleterie nel momento in cui costituiscono uno scopo in sé. Questo è un pericolo più potenziale che reale, perché io continuo a vedere assai pochi esempi di manipolazione delle relazioni a scopo di aumento della propria popolarità. Me ne parlano in molti, ma alla richiesta di esempi concreti ricevo poche risposte.

Quello che vedo più pericoloso, in termini di contaminazione di una dinamica fertilissima di condivisione disinteressata, è l'ambizione di usare il proprio blog come trampolino di lancio per la visibilità sui media, la popolarità e la professione. Pericoloso non in assoluto, ma solo quando genera una scrittura paraprofessionale, la convinzione di dover "coprire" tutti gli argomenti e un'inconscia (ma anche no) mediazione tra ciò che si desidererebbe scrivere e ciò che conviene scrivere.

In quest'ultimo caso a mio parere sarebbe opportuna una maggiore consapevolezza del fatto che, a prescindere dallo strumento utilizzato, si esce da una dinamica sociale per entrare in una editoriale, cambiando a tutti gli effetti campo di gioco. Non ho niente contro i blogger professionisti, il nanopublishing e l'uso dei social media come strumento di diffusione di contenuti interessati (anzi): mi preme solo sottolineare come in questo caso l'abbandono dell'economia del dono determini una responsabilità maggiore e la rinuncia agli effetti positivi in termini sociali della parità con i propri interlocutori (che si trasformano in lettori e raramente riescono a ricambiare con la propria competenza quella messa a disposizione, interrompendo la crescita di valore del sistema). E' una questione di relazione, non di contenuti.

Mi piacerebbe che si avviasse un dibattito sereno su questo tema, anche se mi rendo conto di stare pestando un po' di calli e di rischiare anche l'effetto "da quale pulpito". Sempre più spesso negli ultimi mesi ho sentito l'effetto dell'"inconscia mediazione" di cui parlavo prima, non mi sento affatto esente dal problema, ma continuo ad attribuire un'enorme importanza alla libertà di poter avere uno spazio libero da qualunque interesse, anche dai miei.

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