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30 ottobre 2007

Il contratto che recinta i giornalisti

Chi mi legge capisce regolarmente lo sa: credo che nella stragrande maggioranza dei casi i singoli siano intelligenti, competenti e leali e che le organizzazioni note come aziende siano il modo più efficiente per trasformare l'interazione dei comportamenti dei singoli in un pantano ipocrita e senza senso. Marco Mazzei dà una buona dimostrazione di questa mia convinzione parlando di una categoria di cui ci si lamenta spesso:
Il contratto - e i giornalisti italiani, però, hanno un problema più grande, che si chiama organizzazione del lavoro e ruoli. Il contratto giornalistico disegna un’organizzazione rettangolare, gerarchica e chiusa. Rettangolare nel senso che può essere rappresentata con una serie di rettangoli all’interno del quale è scritta una definizione; un rettangolo sopra l’altro si parte del praticante per arrivare al direttore responsabile, passando per redattore, caposervizio e caporedattore (esistono simpatiche sfumature come i “vice” che non cambiano la sostanza). Questo modello non esiste in Rete e quindi non può funzionare. In Rete ci sono i cerchi, e le strutture sono aperte.

Leggetelo tutto, il suo post: il sistema siamo noi, è fatto da persone come noi, se noi accettiamo che non si può cambiare siamo fottuti.

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