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19 novembre 2008

[X-view] Changeling

Changeling, di Clint Eastwood, 2008

Gli occhi nascosti, i visi abbagliati e riflessi, i cappelli calati e la luce ben divisa dall'ombra: il mondo di Changeling è un mondo netto e radente come quello dei vecchi western, un mondo che sa ancora dov'è il bene e dov'è il male e che un cittadino troppo spesso deve farsi giustizia da solo.

Christine Collins è un pistolero solitario che raccoglie strada facendo altri che come lei rifiutano di chinare il capo: calano il cappello e stringono i denti, nutriti di certezze palesi che la macchina burocratica stritola alzando la voce e i "codici 12". Christine Collins scivola sui pattini oliando i meccanismi della nascente comunicazione di massa, un grumo di dolore e di coraggio, il sorriso affilato e dolentissimo di un'Angelina Jolie irragionevolmente umana.

Clint rinuncia a recitare e racchiude tutto se stesso in un gesto da vecchio saloon, quello del poliziotto che si tocca la tesa del cappello in segno di omaggio: è un mondo semplice il mondo di Changeling, un mondo in cui si può rinunciare al fuori campo per ancora una volta andare a guardare le cose come stanno, senza distogliere lo sguardo solo perché sono brutte. Brutte come rifiutare l'evidenza per la ragion di stato, brutte come minacciare e deformare i fatti per coprire gli errori, brutte come discutere con una madre che dice "questo non è mio figlio". Questo non è quello per cui abbiamo lottato, dice Clint, lo dice nel 1928 e nel 2008: io non chiudo gli occhi e non abbasso la testa, mi calo il cappello e vado avanti, e se il cappello è una deliziosa cloche il risultato non cambia.

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