Buona parte del giornalismo contemporaneo è orientato alla produzione di informazione in una minima parte e di intrattenimento per grandissima.
Per intrattenimento intendo letteralmente tutto quello che non è notizia e non serve a niente altro che non a passare piacevolmente il tempo: il gossip come la divulgazione pseudoscientifica come l'accanirsi di cronaca nera fino al costume.
Pare inevitabile quindi che la produzione di contenuti da parte di tutti noi rispecchi questa proporzione: a fronte di una percentuale minima di vero e proprio User Generated Content (per me nell'ordine dell'1%) la stragrande percentuale di contenuti prodotti in rete ha un valore esclusivamente sociale e di intrattenimento. Di autointrattenimento. Di intrattenimento non progettato o gestito da terzi. Un po' come sedersi sulla soglia di casa a far flanella come ancora adesso si usa al Sud, invece di andare a dar soldi a un bar. Personalmente ritengo questo più rivoluzionario della possibilità di fare giornalismo senza un incarico da parte di una testata (e non perché questo non sia rivoluzionario).
Se mi seguite fin qui, questo spazza via in un sol colpo tutte le menate sulla:
- fuffa (certo che è fuffa, o tu con gli amici parli di Plotino?)
- utilità o inutilità dei social media (in base a quale metro, poi non si sa)
- futuro dell'editoria (che deve "solo" scegliere se limitarsi all'informazione (no more Cogne) o abituarsi a fare anche da semplice padrone di casa chi di sceglie dove, quando e come cazzeggiare con gli amici)
Detto in altro modo, una community (a prescindere dallo strumento usato) è di competenza dell'editoria tradizionale? E se no, di chi? Progettare un ambiente sociale ha o no a che fare con il ruolo di intrattenitori del pubblico che stampa, televisione e radio hanno scelto di interpretare in modo sempre più marcato negli ultimi anni?
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