I link dei maestrini su del.icio.us (tieni il puntatore sul link e compare la spiega)

11 ottobre 2009

Ora del decesso

C'è sempre un momento nella vita in cui alcune persone ne escono, e ricostruire a posteriori il come e il perché è praticamente impossibile. Altre volte invece lo vedi succedere e ti senti come costretta a una sciocca contabilità delle mancanze, delle disistime, delle perdite di sintonia, finché il peso della somma diventa intollerabile e non puoi che prenderne atto. Io ho sempre chiamato questo momento il "clic", che è un po' il versante autoptico del "blink".

A differenze di molte persone non riesco a far passare il clic sotto silenzio, a sorridere come se niente fosse e a semplicemente diradare le frequentazioni, preferisco dichiarare il decesso. I non detti mi deprimono, disprezzo le persone (e le situazioni) che scelgono la mancanza di trasparenza come stile di vita.

Insomma, questo blog chiude qui, e non perché "i blog sono morti" ;-)

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01 luglio 2009

Spegnere un po' di atomi, caro Marcom

Caro Marcom,

credo di stare bene, mi ero presa un appunto da qualche parte, forse su Facebook, poi Safari non trova più il keychain e insomma, credo di sì, massì, sto da dio.

Io in rete continuo a divertirmi moltissimo e non sono per niente stressata, sai, per me è sempre stato più un gioco che un lavoro, e ancora adesso, dopo tanti anni, una volta che ho risposto a quella stronza che non capisce una parola, a quel deficiente che prende tutto alla lettera, a quella noiosa che laika qualunque cosa scriva, parlo di me su Twitter, parlo di me su Friendfeed, parlo di me su Facebook, poi con calma aggiorno conto terzi 75 Pages su Facebook scrivendo sempre le stesse cose con parole diverse e poi tiro un respiro di pancia e riesco proprio a rilassarmi, online, con le persone care, tipo te (che non ci sei mai ma è come se ci fossi).

E' la realtà analogica che continua a darmi troppi problemi, Marcom, i chilometri, i gradi centigradi, i chili, la polvere, lo smog, le gomme della bici da gonfiare, il frigo da riempire, la lavatrice da stendere (udio, forse ce n'è una anche adesso, da stendere), carte, traslochi, IBAN (ma l'IBAN è reale? Forse no). Sai che sempre più spesso sto scomoda nella realtà fisica? Alta e spigolosa come sono, picchio sempre dentro qualcosa, non hai per caso un plug per la matrice? Sono sicura che una pillola blu mi farebbe un gran bene, di questi tempi.

Non sai quanto mi piacerebbe prendere un caffè con te, potremmo fare a settembre, che dici? Il 22? Che poi ce lo confermiamo il giorno prima?

Un bacio

PS: ma ti ho mai detto quanto ti voglio bene?

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19 maggio 2009

Frammento #10 - sbranarti intero

Quanto non mi piace di te amor mio in quel che a te si invide, divisore ultimo di vite già fatte a pezzi, smembra di palpebre erose e incrociate, e più che non mi piaci più a te mi affido.

Allarmi, sorprese, bocche confuse (dove finisco io?) e inattese, succede solo quello di cui non si ha paura, come guardarsi in uno specchio e chiedersi "chi cazzo è questa stronza?". 

Quanto non mi piace di me amor mio questo sbranarti intero, le ditine strazzate di chi sta al gioco ma non può capire quale, ti sei guardato allo specchio e ti sei chiesto la stessa cosa.

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11 maggio 2009

Del MateraCamp, per parlar d'altro

In questo blog ho sempre raccontato tanto di me e pochissimo della mia vita. Scrivere qui serve soprattutto a narrarmi quel che è successo in modo che acquisti un senso, forse l'unica cosa che ho imparato a fare per salvarmi. Qualunque vita può essere narrata e compresa a posteriori, anche se a volte succedono cose che richiedono la tua attenzione qui e ora, anzi, talmente impellenti che non c'è spazio per altro, tantomeno per scriverne.

A Matera per la prima volta da tanto tempo mi sono fermata a guardare e a raccontarmi quel che è successo, e ho potuto farlo anche grazie alla tenerezza, al rispetto e alla discrezione delle persone che ho incontrato. E' un caso che fosse un BarCamp? Non lo so. Da tempo ho smesso di sorprendermi della profondità delle relazioni che si stabiliscono in rete, anche con persone che normalmente considererei poco interessanti. Leggere qualcuno crea un legame che assomiglia a quello di sangue: puoi non piacermi, ma fai parte della mia vita e so chi sei. Se poi mi piaci anche, beh.

Io so di essere indecifrabile per molti. Così seria e così allergica alla seriosità, o almeno tale mi sento. E' un'affinità che basta a costruire legami forti e immediati con persone assai diverse, così come è una barriera per chi mi prende alla lettera. A Matera ho sasseggiato la mia secchioneria lasciandomi andare alla parte social del tutto, e neanche il sorriso di Clarita e l'energia di Catepol sono riusciti a distogliermi dall'intensità di vita che c'era nell'aria, anche quando magari c'era bisogno di far sentire un po' di più che il Camp è anche un evento di contenuto, non solo di incontro.

Non per me. Non in questo momento. Forse non in questa vita. Credo sempre meno che si possa controllare alcunché e decidere altro che non sia riconoscere che quel che succede ha un suo senso, per quanto improbabile. Questo nella vita e nel decidere a chi avvicinarsi e chi rimandare a un'altra occasione. Nel decidere se parlare o tacere, se proporre un tema e poi rinunciarci, nel giocare con o contro.

Come ogni volta torno a casa con la sensazione di aver voluto abbracciare tutti e di essere riuscita a farlo solo in parte, quindi lo faccio da qui.

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08 marzo 2009

Tu non dimenticare mai [frammento # 8]

Il sole come lama, tu che mi affetti di luce e mi svolti, la sabbia fredda di pietroline, scalzi verso un mare che curvetta e inchina e ammicca. Della Sardegna quel che mi resta delle troppe volte che mi hanno amata è la terra, terra da pascolo, terra che si frantuma in sabbia, terra da masticare con le ruote, terra che mi piego a prendere in bocca, sfrenata di chilometri difficili da interpretare, i chilometri che percorri per arrivare a baciare quel sole che entra dalla finestra e mi percorre e fuori è il Bastione, sempre lontanissimo il mare. Terra percorsa in bici alleggerite di qualunque cosa impedisse di correre verso le nostre opposte fini, terra sudata a piedi, salite e mai arrivi, buchi e pietre e scogli e come unico premio l'acqua, a lavar ferite e umori. Terra di carni aspre e vini pesanti e notti poco adatte al sonno, notti di grida e risvegli continui a trovarti. Non si dovrebbe arrivare in aereo in Sardegna, mai. La fretta uccide, piango e guardo fuori mentre troppo veloce arrivo e troppo veloce riparto e rallentare diventa la regola che non sappiamo giocare. Laminati dal vento, dispersi tra parole, le uniche vere proprietà che ci restano socialmente consentite.

Tu mi hai restituito tutte le parole, intatte e da distorcere, annodate a corpi e a languori derisi e scherniti, parole vere e da giocare, da scherzare, da invadere di nonsensi puri e finiti, sani e intrisi, e forbiti, e forniti, e da finire, mai. La serietà uccide, io ti ho voluto per riderne, la realtà ci soffoca intorno, ignoriamola.

[Repost da MarioPischedda]

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11 febbraio 2009

Mele (da morsicare)

Verso la fine del 1998 la mia vita professionale è cambiata completamente: ho abbandonato il mio lavoro di copywriter freelance per fare una cosa che nessuno sapeva cos'era, tanto meno io, cioè la community manager (eeeh?) di Atlantide.it. Il resto è abbastanza storia.
Verso la fine del 2008 avevo accumulato abbastanza soddisfazioni e stanchezza da sentirmi decisamente alla fine di un ciclo: tanti anni di esperimenti, di delusioni, di successi, di fatiche, sempre più o meno da sola*, o meglio, quella che sapeva sempre cosa fare (o così sembrava agli altri), ma che fatica, che immensa fatica. Il 2008 è stato per tanti motivi l'anno del successo professionale, per riconoscimenti, fatturato, lavori fatti, guadagni, ma anche l'anno in cui mi sono resa conto che era arrivato il momento di ricominciare da capo, meglio se con qualcuno con più esperienza di me.
Un po' per caso, molto per quegli strani intrecci che sembrano confusi e casuali e solo alla fine mostrano un disegno compiuto, proprio in questo periodo si è concretizzata la possibilità di una fusione tra quelle che ho immediatamente visto le due metà di una mela. La mela verde, Daimon: specializzata in community e social media, abbastanza cialtrona (ma oculata) nella gestione e nella commercializzazione, dall'offerta soft, consulenza, gestione, competenza, niente che potesse essere consegnato su un CD. La mela rossa, YooPlus, specializzata in Intranet e Enterprise 2.0, gestione adulta e competente, dall'offerta hard: sviluppo, piattaforme software, gestione di sistemi, un know how e un valore trasferibile.
Insieme Daimon e YooPlus fanno la mia mela preferita, la Royal Gala, quella dolce come le mele rosse e croccante come le mele verdi. Io l'ho vista così da subito, poi ovviamente ci abbiamo messo mesi ad arrivarci, ma ogni cosa vuole il suo tempo.

Tecnicamente un'acquisizione, operativamente una fusione, un'integrazione che ci permette di prendere per mano un'azienda, far fare loro pratica di social media all'interno, farli entrare piano piano nelle logiche di condivisione e collaborazione tipiche dei media digitali, finché sono pronti per farlo anche all'esterno. Filosoficamente, per me un insight assoluto: finché i media digitali non entrano nel lavoro quotidiano di tutti, noi del marketing possiamo fare anche i salti mortali, ma rimarremo una curiosità, un gadget. Come tutti gli insight a leggerlo dopo sembra banale :-)

Adesso si tratta di tornare a studiare e a imparare, oltre che a lavorare più di prima (ma ognuno a far quello che sa fare meglio, tipo che io mai più Excel); il bello è che io e Luca continuiamo a fare quello che facevamo prima, ma meglio, e con persone che ci piacciono e che sono più brave di noi in molte cose. Sperando di crescere tanto, anche perché così il settore cresce con noi e magari potrò permettermi sempre di più di coinvolgere nel mio lavoro le persone che stimo, come è stato con Auro ed Elisabetta (ma anche con Serena, Giulia, Claudia, Federico, Colas, Giovanni e tanti altri).

* sola mi sentivo, ma certo non ero, considerato quanto hanno fatto per Daimon Alberto e Luca

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16 gennaio 2009

Time, side [frammento #7]

Questa sei tu, tu e quel sapone buonissimo che hai rubato in albergo e che non usi mai per non consumarlo. Aprilo, butta la plastichina, mettilo nel portasapone. Usalo anche nella doccia, sfiniscilo. Tutto quello che hai tenuto da parte per un momento speciale, usalo o buttalo. Mangia il boccone più buono per primo. Non bere il vino solo perché hai il bicchiere pieno.
Questa sei tu, e il tempo per fare le cose è adesso: hai imparato a godertele quando le fai e ci hai messo 39 anni, non puoi più essere parca di tempo. Apri i tuoi cassetti. Bandisci il nonsisamai, di molto sai, adesso.

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27 dicembre 2008

Bibbidi-bobbidi-bu (Frammento # 6)

L'uomo intero, olistico, panico, l'uomo che sapeva amare al punto da non poter fare altro che amarsi e amarmi e amarci, l'uomo che o è sì o è no, l'uomo che la realtà non esiste, ma non vedi che non sei qui, pillola rossa, pillola blu, fa la magia tutto quel che vuoi tu.

L'uomo che ricomponeva realtà a piacimento imparò a tessere doppi legami.

Il primo giorno le disse, ti aiuterò. Il secondo le disse, spiacente, non posso farlo. Il terzo le disse, non c'è motivo per non vederci lo stesso. Il quarto le disse, no way. Il quinto le prese le mani e i piedi e si intrecciò a lei come due mozzarelle. Il sesto sparì, non posso sopportare la tua presenza. Il settimo le disse, non temere, ti amo. L'ottavo, non sei neanche capace di sparire davvero. Il nono lei si riprese il suo Tempo e ne fece una cuccia. Prendila così, no, ma così no, ma così per me neanche. 

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26 dicembre 2008

Dialogo tra un'atea e un credente alla Vigilia di Natale

Credente. "dai, che alla fine c'è una Grande Ricompensa"
Atea: "la Morte?"
 

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23 dicembre 2008

Fanciullini

La vivibilità di una strada è inversamente proporzionale al suo tasso di Pascolamento. Per Pascolamento intendiamo quella particolare situazione in cui una o più persone ti camminano lentamente davanti, ondeggiando a ritmo inverso a te per cui se cerchi di superarli ci sbatti contro e sembri una pazza. Più strade pascolate, meno vivibile la città. A Roma pascolano anche i motorini, a Torino pascolano anche se si è sottozero, a Firenze pascolano in comitive, a Milano (escludendo Corso Buenos Aires e Via Torino) si sopravvive, ma non a dicembre.
Distinguiamo varie forme:
  • Pascolamento Singolo: può portarti alla follia. Un solo essere umano, su un marciapiede anche grande, può ondeggiarti davanti a una velocità laterale tale da azzerare lo spostamento verticale e impedirti di procedere. Cercare di attraversare è pericoloso perché sei talmente scosso da rischiare l'investimento.
  • Pascolamento di Coppia: di solito lei ha il culo grosso volgarmente fasciato e lui gli occhiali a mascherina e le mani sul culo di lei a sostenerlo, quindi non è invidia. Le Coppie Innamorate non pascolano, si baciano nei portoni.
  • Pascolamento da Vecchia Signora: particolarmente frequente nel mese di dicembre, è reso complicato dalla tua educazione formale per cui è disdicevole superarla bruscamente. Lei però tende a insidiarti le caviglie e il sistema nervoso. Le specializzate pascolano alle fermate di metro e tram impedendoti di salire con bruschi scarti laterali insospettabilmente veloci. 
  • Pascolamento Adolescenziale Intrecciato: da due a cinque ragazzotte che si tengono sottobraccio occupando tutta la sede stradale. In alcune regioni italiane investirle con il motorino o con la motosega è depenalizzato.
  • Pascolamento sotto i Sei Anni: è l'unico che strappa il sorriso, anche perché in caso di forte velocità li scavalco velocemente e mi alleno per la Corsa a Ostacoli.
  • Pascolamento con Frenata: è la causa principale di tutti gli atti di violenza inusitati, quando i vicini dicono "era così una brava persona, sempre sorridente".
  • Pascolamento con BlackBerry: depenalizzato, lo faccio anch'io.
  • Pascolamento Offeso: quando il Pascolante sente il fiato sul collo e commenta ad alta voce il tuo livello di nevrosi.
Per consolarvi ieri ho pianto di felicità vedendo uno che nella nebbia tornava sui suoi passi per rialzare una bicicletta caduta.

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02 dicembre 2008

Bruciar futuri

Sono un po' bastian contrario, ma non sempre, sole per le cose importanti. Tipo quando avevo 8 anni e mia zia andava matta per i Bee Gees e io, serissima, "ma ho letto che vendono molto solo in Italia". In un lampo di odiosa preveggenza avevo scoperto che se dici qualcosa con sufficiente sicumera citar la fonte non serve a molto, anche perché nell'era dei mass media, fonte? Basta dire che l'hai letto e ancora molti ti credono sulla parola. Non sono mai così convincente come quando mento, non è colpa mia, anzi, è un serio problema perchè quando dico la verità mi viene uno sguardo da scema.

Bee Gees a parte, quando vedo che qualcuno è molto d'accordo su qualche decisione per me molto importante, mi viene subito voglia di cambiare posizione. Non credo di farlo per cattiveria, anche se il sospetto di odiare segretamente tutti coloro che mi vogliono bene in certi momenti viene. E' che è tutta la vita che quanto più avevo ragione, tanto meno me la davano, e allora quando mi percepisco mainstream mi preoccupo.
Il far-la-cosa-giusta è sempre cosa giusta? Non è più giusto fare il-cazzo-che-mi-pare-e-piace? In senso cosmico, non per infantile principio di piacere.
Questo bastian contrarismo alla fine mi obbliga a non dire più niente a nessuno quando faccio qualcosa. E' un po' come quando hai una bella idea per un articolo o per un racconto, io se la dico, puf, si sgonfia. Non è reticenza, è protezione della proprietà intellettuale e del mio futuro. Se dico "Penso proprio che andrò alle Terme Milano" e qualcuno mi dice "grande idea, sono fantastiche" a me subito viene di non andarci. E poi ti odio, perché per colpa tua non sono andata alle Terme Milano, per colpa del tuo cazzo di sorrisetto soddisfatto all'idea che io facessi qualcosa che tu condividevi così compiutamente. Allora sto zitta - che è anche una cosa che mi fa sembrare molto più intelligente - oppure mento - che mi dà un'aria assai competente riguardo a me stessa. In realtà io non so mai cosa sto per fare, ma so per certo che se lo dico a qualcuno, poi quel pezzo di futuro lì me lo brucio. Non datemi retta, qualunque cosa io dica.

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18 agosto 2008

Monumento

Pepper
Pepper, originally uploaded by mafe.

Io al liceo avevo due set di amiche, le Belle e le Troie. Ovviamente i due insiemi si sovrapponevano, sia come legami sia come caratteristiche: la distinzione era dovuta più che altro al posizionamento sociale, alla durata dei fidanzamenti e alla capacità di suscitare amore oltre che ormone. Incrociando queste variabili, io ero nettamente la più Troia e la meno Bella (considerandone altri, non ero la più Troia, ma restavo sempre la meno Bella).
Forse questa settimana io e le Belle riusciamo a passare qualche minuto insieme dopo una ventina d'anni. Io resto l'elemento sparigliato: un solo marito e nessun figlio.
Una è la mia migliore amica dai tempi del catechismo, quando però non ci parlavamo perché lei era così bella che mi metteva soggezione e le mie altre amichette dicevano di non fidarmi. Nell'ultimo anno ci siamo ritrovate quasi come ai tempi in cui io passavo più tempo come quinta figlia a casa sua che dai miei, un rapporto non più di teste sullo stesso cuscino ma di sms e fugaci incontri clandestini quando lei capita a Milano o io a Roma.
L'altra mi ha stanato su Facebook ed erano tanti anni che avevo voglia di quei nostri pomeriggi di cazzeggio a pucciar nocciole nella Nutella, ridendo perché io riuscivo a tirar fuori il suo lato da teppa dietro l'apparenza di un'eleganza disturbante.
L'ultima era il mio alter ego di successo, alta come me ma bruna, l'eterno amore di uno che voleva tutte tranne me, lei corteggiatissima io no, ma sempre così disposte a provare tutto da provare a scambiarci anche gli uomini (cioè veramente io). Daniela che ha sofferto tanto e tanto goduto ma quasi come hobby, non per togliere importanza alle sue storie ma per attribuirle questa capacità soprannaturale di vivere tutto così intensamente da abbagliare.

Tra di loro non sono mai state veramente amiche, un po' per competizione un po' perché l'elemento in comune ero io, che come sempre poi nella mia vita ho fatto da catalizzatore delle loro stranezze, invisibili a quasi tutti gli altri. Le ho amate di testa, di pancia e di carne e le amo ancora, al punto che vederle tutte insieme, forse lascio perdere. E' anche per loro (e certo non solo loro) che il resto della mia vita l'ho dedicato a fare amicizia con gli uomini, che dopo di loro di donne così interessanti ne ho incontrate assai poche in vent'anni.

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14 agosto 2008

Gentalyn Beta [frammento #4]


Lullaby, originally uploaded by mafe.

Maestrale. Fa male tutto.

La maglietta bianca di Max Mara, quella proprio candida, color neve, che si allaccia dietro al collo. Fa malissimo. Sciogliere le scarpe di corda è impossibile.

Il vento fresco, la luce radente, le ombre che si allungano.
Le principali città italiane in ordine alfabetico dalla C alla U. Moltissime parole che prima non usavo. Cercare la carta d'identità, avere credito, svegliarsi e non trovarti e meravigliarsene come di una morte.
Slegarsi e riannodarsi i capelli. Non dormire e non avere sonno, mai.
La pelle, fa male. Se non ti è mai capitato non puoi capire. Brucia da sotto, come se ci fosse un veleno che scorre. Acqua purissima, aria in vena.

Vorresti poter svuotare l'Ipod in un cestino vero, vorresti poter avere delle cassette per tirar fuori il nastro e farne un cappio, maledici lo shuffle che pare ispirato da una potenza nemica.

Mordicchiarsi il braccio aiuta. Mordere forte fa stare meglio, ma spaventa gli altri. Mi lecco l'ascella come un gattino al sole.
Posso stare ore al sole a leggere, questo sì.
Da quando ti conosco corro veloce, questo sì.
Prendo mille decisioni al minuto e le disattendo tutte.
Ridere so ancora ridere, amore mio.

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13 agosto 2008

Time Machine [frammento # 3]

Mi sdraio su quel letto e sono impenetrabile, sono la ragazzina che spegneva la sveglia mille volte, non ancora me neanche nel nome, non certo insonne. Mi sdraio su quel letto e ho dodici anni e tu non te ne accorgi e non capisci che se non chiudi la porta io non esisto, perché a dodici anni serve una porta chiusa per avere un mondo.
Mi arrocco nell'angolo come ho sempre fatto per difendermi, così lunga e sempre così accartocciata, mi incurvo e mi raggomitolo ma come sempre quando il tuo desiderio doppia il mio per te io non ci sono più, non più persona, ci sei solo tu e quel che urge. Incapace di amare in modo generoso proprio perché ami così tanto, così a volte sei tu: in filigrana intravedo tutto il dolore che sarà quando l'urgenza non sarò più io, predispongo mentalmente una serie di backup per poter reloadare quel che ero prima di te.
Mi prendi e nonostante tutto ti fai strada, io un po' ne godo un po' non vedo l'ora che finisca, spettatrice del tuo bisogno di bruciare tutto quello che mi circonda per appropriartene. Ho 12 anni e ci guardo da sotto la scrivania, impaziente di tornare a sguazzare compiaciuta nell'intensità della sofferenza, già dimentica che vent'anni dopo avrei imparato a vantarmi della mia serenità, quella che tu chiami invulnerabilità e che è solo il sapore agro di essere già sopravvissuta mille volte a tutto questo.

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26 luglio 2008

Orecchiette basse

Le mie giornate hanno il ritmo e il respiro del libro che sto leggendo. Se è un libro lento seguirò la scia, se non mi piace sarò intrattabile, se è impegnativo mi lascerà qualche spazio in più per le persone. Io più che vivere leggo, nel senso che sono più me stessa con un libro in mano che qualunque altra cosa faccia.

Io nei libri cresco, sogno, mi allargo, mi esprimo, prendo appunti per una me stessa migliore che sarà tale solo attraverso i libri che sceglie. Libri spesso di nessuna qualità letteraria, i miei preferiti, i più difficili da trovare: un autore d'evasione che non sia offensivo è merce rara. Dalla dipendenza dai libri vengono i miei difetti, esacerbati poi dalla socialità in rete, come la convinzione di poter chiudere le situazioni con un gesto semplice, magari mettendo un segno per riaprire se e solo quando voglio io.

Il vizietto del lieto fine, della spiegazione che dà un senso a tutto, della distanza, della narrazione onnisciente in cui mi bullo di riuscire anche quando sono parte della scena. Il twist creativo che risolve l'ingestibile, la fuga che permette di tornare al momento giusto per tutti, la certezza che tutto abbia un senso e che tutto mi sia permesso solo perché non chiedo altro che di tornare a leggere, con brevi intervalli di azione nei reami dello shopping, della corsa, della bici, del sesso.
E' che qualunque cosa io faccia quando non leggo, scrivo: mi racconto storie che mi distraggano da me stessa e che butto via non fermandole mai. O forse proprio per questo le conservo meglio, ma sempre storie sono, e io mi ci perdo sguazzandoci.

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10 luglio 2008

La mia Amica

Non so se ti ho mai detto che Amica è ormai da anni il mio giornale preferito. Per mille motivi, due in particolare: è forse l'unico che riesce a mantenere un'uniformità di tono e di riferimenti pressochè assoluta e leggere Daniela Bianchini quando parla di moda è un piacere prima di tutto letterario. 

Amica per me è un po' come Alice Munro o Virginia Wolf: parla di me, o almeno della me che vorrei essere, per esempio nel numero di luglio, quando Paola Tavella scrive:
Il contenimento è un'estetica al servizio di una dama, vale per sé prima che per chiunque, eppure se state al posto vostro - ovvero quello che vi siete assegnate - anche gli altri lo faranno, uomini e altri adorati animali chiederanno il permesso per varcare la vostra soglia.
Mi sento più elegante già solo a leggere.

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02 luglio 2008

Ancora sui sacrifici

Come sospettavo, non essendo in grado di fare sacrifici perché non so esattamente quali, comincio a pensare che tornerò molluscamente sui miei passi, anche perché:
  • ieri sera ho quasi finito una vaschetta di gelato, cosa che non capitava dai bulimici tempi dell'università (l'unica differenza è che era una vaschetta di Valsoia, comunque insospettabilmente buono)
  • negli ultimi 3 giorni ho speso lo stipendio di 2 mesi
Quindi restituisco la delega al sistema integrato SuperIo+Inconscio, che tra l'altro per una volta mi paiono discretamente allineati con "ciò che è giusto fare per salvarsi la vita".

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30 giugno 2008

Sacrifici for dummies

Sono una persona relativamente fortunata: quello che mi riesce mi riesce bene e al primo colpo e senza far fatica. Ho un SuperIo inflessibile e un inconscio geniale: il rovescio della medaglia è che la Mafe conscia è una fragile molliccia merda senza spina dorsale. Se il SuperIo non ritiene di dover intervenire e l'inconscio si annoia, non ho nessun controllo sulla mia vita. Questo vuol dire che quel che non mi riesce, non mi riesce: non ho forza di volontà, non riesco ad applicarmi, detesto far fatica o privarmi di qualcosa.
Nel tentativo di migliorarmi, ecco gli spunti che annoto di giorno in giorno e che riescono un pochetto a elevarmi al di sopra di me stessa. Li ho chiamati "sacrifici for dummies" perché è esattamente quello di cui ho bisogno, imparare dalle basi:
  1. spupazzarsi i figli della cognata (3 anni e 8 mesi) aiuta a rimettere in ordine le prioritá
  2. se il task è gravoso, il sashimi-matsu di Osaka é un diritto
  3. si può anche sorridere conto terzi
  4. lo Chardonnay media qualunque dolore
  5. mentire a se stessi sulle scadenze è furbo
  6. avere il controllo su una cosa piccola aiuta a gestire quelle serie
Conto di annotarli qui (oltre che su Twitter), mi date la mano a trovarne altri? Noto già che troppi prevedono gratificazioni alimentari ;-)

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07 maggio 2008

Sopra/luoghi

Più che viaggiare compio sopralluoghi una tantum. Mi piace arrivare lentissima in posti dove c'è più cielo che anime, posti limpidi, dove la luce accarezza e i crampi diminuiscono. Mi lascio andare a fantasie riposanti su quello che davvero potrei fare in quei posti se avessi più tempo, sulle infinite vite che mi si aprirebbero se mi fermassi lì, sui diversi passati possibili se fossi nata lì.
In viaggio la mia attenzione da esasperazione diventa parossismo, succhio i colori e gli occhi di chi incrocio, snobbo artefatti umani significanti a favore della vita vissuta, la forma della frutta, le pose nei bar. In viaggio almeno una volta piango disperata, perché ogni rinuncia è insopportabile, e c'è sempre il momento di rinunciare e tornare a casa.

Ormai da diversi anni per viaggiare privilegio le strade oblique, sognando viaggi in bicicletta o a piedi, senza bagaglio o quasi. Non sopporto le transizioni rapide, non in vacanza, e forse ancora meno nella vita. Sono emotivamente lenta almeno quanto penso veloce, i miei sentimenti si srotolano pigri mentre la testa non si ferma mai e poi mai, poi all'improvviso guardo e vedo anche col cuore.

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15 aprile 2008

Minoranze strepitose [cit]

Il punto è che io praticamente in casa non mangio più pasta, quindi neanche mio marito, che poveretto ogni tanto se la fa da solo mentre io sbuffo perché sporca un sacco di pentole (e poi gliene mangio metà dal piatto, che una fa tanti sacrifici e poi vive col diavolo tentatore).
Per questo nel tristo pomeriggio elettorale, dopo aver preso tanta pioggia, ma talmente tanta che mi pioveva in testa persino in autobus (sindaco di centro destra), dopo essermi sentita più che mai stanca di sentirmi pure guardata male quando faccio certi discorsi, la mia unica reazione possibile è stata mettere mano ai fornelli e rientrare nelle abitudini maggioritarie. Un po' come le brave sciure americane che risolvono tutto con una torta di mele, un po' come all'università quando vivevamo in cinque in un bilocale e qualunque crisi veniva affrontata mettendo su un caffè.
Io quando cucino o faccio i classici della mia terra, che mi vengono perfetti per osmosi di linea materna (mai guardato mia madre o mia nonna mentre cucinavano), oppure mi invento le ricette. Quando ero giovane e scema le battezzavo anche col mio nome, tipo i mafusilli o le mafarfalle. Poi magari non è che le invento, diciamo che ci arrivo da sola. Il segreto della mia cucina è semplice: impapocchio solo ingredienti di qualità estrema, e così son capaci tutti. Ieri ho inventato le orecchiette fave e bottarga.
Soffritto di aglio, prezzemolo e peperoncino, 5/6 pomodorini, una ventina di fave sgusciate. Togli dal fuoco, aggiungi la bottarga tagliata a fette non sottilissime, copri. Cuoci le orecchiette (meglio se integrali che assorbono meglio, ovviamente fresche), aggiungi un po' di acqua della cottura al sugo, rimetti su a fuoco lento, scoli le orecchiette (non asciutte asciutte), le versi nella pentola col sugo, fai saltare condendo. Mangi e godi, accompagnate da un Negramaro o da un Primitivo.

La prossima volta metto più fave e metà le frullo.
La prossima volta magari governiamo meglio, mandiamo a casa Bassolino e facciamo qualche proposta in più

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02 aprile 2008

Spinozità

Non è dato sapere se un albero che cade in una foresta deserta fa rumore, ma posso svelarvi che gli orgasmi solitari sono praticamente sempre silenziosi.

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19 marzo 2008

Orgasmo #3738

Esemplare particolarmente significativo, dal tipico avvio ampio e mediamente gradevole ma con immediata escalation ondulatorio-progressiva tipica dei reperti più rari. Alla penetrazione - erezione completamente raggiunta, umori limpidi, scorrimento fluido - nella posizione nota come "cucchiaio" segue in rapida successione rallentamento paradossale della velocità, rotazioni alternate del busto, urla, follia, scene di panico, epinefrina e successiva crisi di risa, pianto, risa, schiaffone, sangue dal naso, altro schiaffone, coma cerebrale, fase REM.

Il nostro team è attualmente al lavoro per cercare di replicare l'orgasmo #3738 in laboratorio. Emergono due sostanziali percorsi di studio: la correlazione tra durata del periodo di attesa e qualità dell'esperienza (che pare inversamente proporzionale, considerando che il rapporto precedente risaliva a poche ore) e l'applicazione della potenza del continuo al numero di rapporti consecutivi in assenza di periodo di latenza (o, se vi piace la musica italiana, di paranza).
La coppia Z_1b, impegnata nel secondo studio, è attualmente ricoverata nel reparto di terapia intensiva del County General di Chicago, ma entrambi chiedono coraggiosamente di tornare al più presto al lavoro.

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04 marzo 2008

Per tutte quelle donne

Quando qualcuno dice che Natale è per i bambini a me viene sempre in mente che per me Natale aveva senso finché era viva mia nonna. E' come se avessi avuto solo 30 Natali a disposizione: all'ultimo lei era già riottosa e ostinata e "incazzusa", come si dice a Taranto, però tutti noi nipoti (otto) le avevamo regalato un televisore nuovo, che il suo aveva una specie di patina gialla di filtri impazziti, e per un pomeriggio sembrava la solita nonna di sempre. Per lei Natale era quel giorno in cui si mangiava tutti in salone (i bambini nel tavolo a parte), con i piatti di porcellana e le posate d'argento: il suo albero era sempre il più bello di tutti, a noi nipoti grandi regalava dei soldi però appesi all'albero, ai generi sempre un regalo uguale, quattro camicie, quattro bottiglie di vino, quattro cravatte, quattro. Io arrivavo presto e lei aveva già cucinato tutto, mi ha insegnato il trucco di svegliarmi all'alba per far le cose pallose e poi godersi la giornata, io arrivavo presto e guardavo i pacchetti e grattuggiavo il parmigiano per i tortellini, che dovevano cuocere rasi di brodo, mai annacquati, per carità.

Mia nonna era tutto quello che avrei voluto essere: elegante, indipendente, prepotente, dura, affascinante, sicura, intelligentissima. Ultima di nove figli, aveva studiato a Firenze, lontano da casa, in un'epoca in cui le donne a stento finivano le medie e quando sono nata io lavorava (insegnava Educazione Artistica). Aveva sempre le Tic Tac in borsa e fumava le Gala, pur di non farsi vedere in disordine si sarebbe buttata sotto un tram.

Mia nonna mi detestava nella mia adolescenza sciatta e mi criticava quando sbagliavo con gli uomini, soprattutto quando sembravo non capire che avrei potuto "rigirarmeli tutti intorno al dito mignolo" e avevo un bel dirle che non era tra le mie priorità, per lei "con le foto dei corteggiatori bisognava poter giocare a carte - carte francesi". Era bella assai, più bella di mia madre, che è più bella di me: insieme a noi due nelle serate che da bambina e poi da ragazza passavo da lei che faceva finta di leggermi le carte c'era sempre anche una sua sorella vedova, Zia Cesira, che era una di quelle donne che non si sono accorte di essere invecchiate e appesantite e si muoveva con una grazia visibile solo se dallo sguardo capivi che si sentiva ancora una ventenne irresistibile. Zia Cesira si lamentava perché quando mi chiamava io facevo finta di non sentirla: per un certo numero d'estati abbiamo diviso la camera di destra, in campagna, quelle estati lente in cui al pomeriggio si "flittava" e noi bambini eravamo bloccati in camera perché in salone c'era il veleno e fuori la controra, e io leggevo e leggevo e leggevo e lei mi chiedeva delle cose e io già allora non è che facevo finta, proprio non la sentivo. Zia Cesira odiava andare a messa e faceva sempre in modo di fare tardi a prepararsi, poi diceva con tono saputo "basta l'intenzione" e io di questa capacità di far fesso il creatore me ne sono servita fin troppe volte, nella mia vita.

Con queste donne formidabili alle spalle non potevo che crescere maschiaccio, e perduta, e disordinata, finché poi non mi sono repentinamente sposata, e in abito bianco, e prima di avere 30 anni, giusto in tempo per vederla ancora in prima fila, magrissima, elegantissima, vecchissima eppure ancora capace di far tardi e far ridere tutto il tavolo prima di ritirarsi. Quanto le piacerei oggi, me lo dico senza falsa modestia: tutto quello che ho fatto di buono e di bello l'ho fatto pensando alla sua approvazione, a quando mi riavviava i capelli e mi prestava una borsetta che "senza una donna non può farsi vedere", lei e il suo eterno impermeabile di Burberry's e il foulard e le spille, quanto ti piacerei oggi nonna Nella, anche quando faccio la buffona perdendo un po' di classe o mi inoltro in radure che non si sa bene dove condurranno.

Sarà che dopo di lei sono successe cose che mi hanno per un po' fatto passare la voglia di famiglia, ma senza di lei non santifico più le feste e quando penso di chiamarla, che a star lontani ci si distrae e si dimenticano i morti e i vivi, poi penso che sono otto anni più o meno adesso e non sono mai stata triste che sia morta, perché grazie a lei io, ancora oggi, nonostante tutto, viaggio leggera.

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02 marzo 2008

La potenza delle donne

Un po' di tempo fa avevo trovato il coraggio di raccontare qui una serie di violenze grandi e piccole subite dagli uomini nel corso degli anni. Il coming out vero e proprio era sulla mia incapacità di denunciare, anzi, ridiciamola tutta: sulla mia tendenza a vergognarmi e a sentirmi in colpa come se la colpa fosse mia.

Oggi che vedo che Donna Moderna [disclaimer: è un mio cliente] invita a dire "No alla violenza" e leggo la provocazione di Toscani sulle "colpe delle donne" nella violenza subita, un po' mi girano, un po' capisco, e ritiro fuori razionalmente quello che un po' di tempo fa avevo elaborato a caldo con un "facciamo qualcosa". Riecco i miei 2 cent di qualcosa:

Facciamo qualcosa: innamoriamoci di uomini gentili. Mandiamo in bianco i macho. A un metaforico ballo della scuola andiamoci con Peter Parker, smettiamola di bagnarci solo se arriva SpiderMan. Basta con questo mito del cinismo, dell’uomo duro, del “nondevechiederemai”. Quelli che non sanno chiedere spesso prendono.

Facciamo qualcosa: educhiamo uomini gentili. Smettiamola di insegnare ai nostri figli che possono divertirsi con le sgualdrine e sposare le brave ragazze. Cerchiamo di insegnare loro che rispettare le donne è parte del diventare adulti. Non giustifichiamo i nostri uomini (figli, fratelli, amici) quando non rispettano le donne, fosse anche solo scomparire la mattina dopo.

Facciamo qualcosa: impariamo a stare da sole. Una donna che se la sa cavare da sola non ci pensa due volte a mandare al tappeto chi la stupra, la usa, la maltratta, la picchia. Soprattutto se abbiamo dei figli, basta essere disposte a tutto pur di avere un uomo nel letto.

Facciamo qualcosa: proteggiamo le nostre figlie, sorelle, amiche, ma non coltivando l’odio per il maschio in quanto tale. Aiutiamoci a proteggerci dagli uomini sbagliati, non da tutti gli uomini, e a capire la differenza.

Poi serve tutto il resto, certo, leggi, strutture, pene giuste, assistenza, meno machismo, modelli culturali diversi. Pero’ se non inizi tu a migliorare il mondo, chi?

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27 febbraio 2008

L'equivoco del Blackberry

Tu che mi guardi con pena profonda mentre cammino digitando sulla tastiera del telefonino, non far confusione: se non avessi il telefonino, dovrei essere seduta a una scrivania.
Invece passeggio per negozi e molto più spesso lo guardo perché voglio, non perché devo.
E voglio perché dentro ci sono le persone che più mi piacciono.
E in nessun altro modo potrei passare così tanto tempo con loro.

Tu che pensi che io invece di dedicarmi a te cazzeggio col Blackberry perché sono ormai dipendente dalla tecnologia, consolati: sono solo molto maleducata e tu mi stai annoiando a morte.

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17 febbraio 2008

Ci vuole tanto tempo

Invecchiando divento la ragazza che avrei voluto essere.

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16 febbraio 2008

Picco ormonale

Se hai più di un neurone non c'è afrodisiaco più devastante di essere capita al volo.

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10 febbraio 2008

Yes, we can

Sì, sì, possiamo. Possiamo scendere nel buio e metterci le mani addosso, quando vuoi. Però mi devi pagare.
No, non è come credi. Sì, posso immaginare, hai sentito dire in giro che sono molto venale, ma non è come credi. Allontanati un attimo, fammi pensare. E' una cosa importante.

Mi pagherai pochi euro. Potrai comprare anche solo un bacio. Stabiliremo un listino per ogni cosa, una carezza, uno sfioramento, la mano tra i capelli, ammanettarmi al letto e lasciarmi lì l'intero pomeriggio con il televisore sintonizzato su La vita in diretta.

Guardare puoi guardarmi gratis. Guardare non implica niente. Mi vestirò per te, te lo garantisco. Se vuoi guardarmi e basta siamo salvi tutti e due.

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07 febbraio 2008

State of the Net


Dopo Trieste - splendida città con una quantità di mare quasi insopportabile - e una mezza giornata di lezione al MIB, eccomi a Udine, in albergo, una mela verde e wi-fi gratis (che sollievo).

Domani, finalmente, State of The Net: gli iscritti sono tanti (circa 260) e chi non è riuscito a venire dovrebbe riuscire a seguirci anche se non in streaming (forse). Io sono felicissima di essere qui e ringrazio Paolo, Sergio e Beniamino per l'invito e per il (gran) lavoro fatto.

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02 febbraio 2008

La potenza delle donne

Un po' di tempo fa avevo trovato il coraggio di raccontare qui una serie di violenze grandi e piccole subite dagli uomini nel corso degli anni. Il coming out vero e proprio era sulla mia incapacità di denunciare, anzi, ridiciamola tutta: sulla mia tendenza a vergognarmi e a sentirmi in colpa come se la colpa fosse mia.

Oggi che vedo che Donna Moderna [disclaimer: è un mio cliente] invita a dire "No alla violenza" e leggo la provocazione di Toscani sulle "colpe delle donne" nella violenza subita, un po' mi girano, un po' capisco, e ritiro fuori razionalmente quello che un po' di tempo fa avevo elaborato a caldo con un "facciamo qualcosa". Riecco i miei 2 cent di qualcosa:

Facciamo qualcosa: innamoriamoci di uomini gentili. Mandiamo in bianco i macho. A un metaforico ballo della scuola andiamoci con Peter Parker, smettiamola di bagnarci solo se arriva SpiderMan. Basta con questo mito del cinismo, dell’uomo duro, del “nondevechiederemai”. Quelli che non sanno chiedere spesso prendono.

Facciamo qualcosa: educhiamo uomini gentili. Smettiamola di insegnare ai nostri figli che possono divertirsi con le sgualdrine e sposare le brave ragazze. Cerchiamo di insegnare loro che rispettare le donne è parte del diventare adulti. Non giustifichiamo i nostri uomini (figli, fratelli, amici) quando non rispettano le donne, fosse anche solo scomparire la mattina dopo.

Facciamo qualcosa: impariamo a stare da sole. Una donna che se la sa cavare da sola non ci pensa due volte a mandare al tappeto chi la stupra, la usa, la maltratta, la picchia. Soprattutto se abbiamo dei figli, basta essere disposte a tutto pur di avere un uomo nel letto.

Facciamo qualcosa: proteggiamo le nostre figlie, sorelle, amiche, ma non coltivando l’odio per il maschio in quanto tale. Aiutiamoci a proteggerci dagli uomini sbagliati, non da tutti gli uomini, e a capire la differenza.

Poi serve tutto il resto, certo, leggi, strutture, pene giuste, assistenza, meno machismo, modelli culturali diversi. Pero’ se non inizi tu a migliorare il mondo, chi?

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14 gennaio 2008

Buttadentro

Sullo Strip:
You guys, do you wanna marry? Come on!

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08 gennaio 2008

Via da Las Vegas

Ma quando inizia precisamente un viaggio? Qual è il momento in cui dici a te stessa "ok, sono via, si diverte, in senso letterale"? A volte è la chiusura delle valige. Puff, le chiudi, controlli e tutto il resto scompare. Altre è il primo passo, che per me tipicamente è un percorso abituale, Garibaldi-Cadorna o Garilbaldi-Bovisa per andare a prendere il passante. Questa volta è stato quando in aereo sono stata svegliata da delle luci assolutamente incongrue durante un volo talmente tranquillo da permettermi di dimenticare di tirar giù la mascherina del finestrino. Pochi minuti dopo aver visto le luci ho pensato di stare per vedere anche la luce eterna, perché o stavamo per precipitare o la manovra di avvicinamento a Las Vegas è stata sceneggiata da Steven Spielberg: l'aereo costeggia per diversi minuti lo Strip a bassissima quota, vira sopra l'MGM Grand e pare inabissarsi nel niente. Non siamo precipitati, direi, perché nei sei giorni seguenti, preso possesso di un ovvio SUV rosso, ci siamo fatti 2000 miglia di periplo dell'Indian Country, cioè le terre in comune a Arizona, Utah, Colorado e New Mexico che sono state in parte "restituite" ai nativi americani. Come sempre accade, l'abbiamo scoperto dopo: il nostro itinerario era un assai più banale Las Vegas - Grand Canyon - Santa Fe - Monument Valley - Bryce Canyon - Las Vegas. Poi ho trovato la cartina perfetta (adorando i viaggi on the road, non posso che amare le carte geografiche, pur odiando le mappe delle città) e la cartina perfetta si chiama "Indian Country", ma questa è un'altra storia. Perché tornare a Las Vegas dopo sei giorni di deserto, montagna, cultura, storia e silenzio assoluto fa uno strano effetto, straniante, snervante, disorientate. La conseguenza principale è che mi sono scoperta innamorata di questa città improbabile, disturbante, fuori luogo, offensiva, materialista eppure diretta, sincera, illuminata da una luce perfetta, a tratti buffa, il simbolo assoluto del capitalismo fuori controllo e della capacità tutta umana di trasformare (e distruggere) l'ambiente a ogni costo, nel bene e nel male.

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25 dicembre 2007

Nonno Cesare

In questi giorni di vacanza a Taranto, mia città natale, dormo in quella che era la casa del mio nonno paterno, in un letto che era dei miei nonni materni. In realtà questa è stata la mia prima casa, perché i miei genitori quando si sono sposati non avevano ancora un appartamento loro e abbiamo vissuto tutti qui finché è nato mio fratello, che ha 18 mesi più meno di me. Ovviamente non ho nessun ricordo dei miei primi due anni di vita in questa casa che ho sempre associato a mio nonno, un uomo un po' burbero dai rari sorrisi luminosi, con una vita così funestata dalle tragedie che adesso che sono (anagraficamente) adulta mi commuovo solo a pensarci.
Quando da bambina venivamo a pranzo qui io impazzivo perché in bagno c'era una finestra che dava su una veranda e nella veranda c'era un uccellino, tu aprivi la finestra e c'era l'uccellino, era una cosa che mi mandava fuori di testa.
Oggi passo le mie giornate alle finestrone del salone, stanza splendida chiaramente usata pochissimo (credo di esserci entrata per la prima volta quando hanno letto il testamento). Da queste finestre si vede il golfo piccolo del Mar Piccolo (il golfo interno del Golfo di Taranto), qualche nave militare, le coltivazioni di cozze, il porto dei pescherecci, l'uscita del canale navigabile, l'Ilva e le sue nuvole venefiche, i Tamburi e Paolo VI (i due quartieri dormitorio dell'Ilva), molta campagna ancora incolta e sulla destra si immagina uno scorcio del ponte nuovo (ormai da 30 anni), il Punta Penna Pizzone.
L'orrore industriale di questo panorama non riesce minimamente a intaccare la bellezza scenografica di questo scorcio di terra, anzi, pare valorizzarlo: stamattina ha smesso da poco di piovere, ci sono squarci di cielo e di nuvole di vari colori, il mare è perfettamente calmo e vuoto, dopo il gran lavoro dei pescherecci dei giorni scorsi. La luce è indescrivibile. Ho scattato decine di foto ma in punta di piedi, ho pudore a fermare questa bellezza.
Da quando dormo qui so cosa guardava mio nonno in quelle interminabili giornate con il plaid sulle ginocchia, quasi nessuna gioia, ma questo perfetto tableau vivant in continuo movimento, vissuto da una stanza più piccola, solo i ricordi a tenergli compagnia, forse un fardello che in giornate come queste, con luci come queste, diventava appena appena più lieve.

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21 novembre 2007

Economie

Vale la pena di innamorarsi solo delle persone che scopri belle a un secondo sguardo.

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12 novembre 2007

It's still working girl

Quest'anno ho imparato tre cose su di me e sui simpatici ambienti chiamati aziende.

La Bella Maria
La prima è una conferma di una cosa nota: tutti hanno un prezzo, ma io non ho ancora scoperto il mio, perché nessuno cerca di comprarmi. Da qui, il corollario: se dici a tutti che non sei in vendita, ci crederanno (è un po' come quando dici a un uomo che non cerchi una relazione seria).

Karen Crowder
La seconda cosa è molto più interessante, in termini di insight: nel simpatico mondo della consulenza si sopravvive molto meglio quando capisci (e accetti) che tutti hanno un capo. Questo vuol dire sopportare meglio le decisioni sbagliate della persona con cui hai a che fare, a qualunque livello stratosferico di potere sia. Tutti hanno un capo e spesso anche dei buoni motivi. Sì, è anche deresponsabilizzante, ma solo se non hai un'etica (e io darei via volentieri 5 centimetri di altezza e almeno metà della mia).

Lady Heather
L'ultima cosa che ho verificato sul campo è che il modello vincente di interazione donna/azienda (sia dall'interno, sia come consulente) è il bondage sadomaso. Ci ho messo mesi a intravvedere i risvolti sessuali del lock in, ma è stata l'illuminazione definitiva. Sei gentile? Sei elegante? Sei educata? Nascondilo e falli sentire come se non fossero degni di baciarti le scarpe (d'altra parte quasi tutti hanno già una moglie [cit]).

Se - vedi sopra - non sei in vendita e hai un'etica, l'unica speranza di carriera (per avere più soldi, da scambiare in fretta con più vestiti e/o con un pensionamento privato anticipato) è il modello Elizabeth I: innamorarsi di tutti e restare vergine.

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11 novembre 2007

Il matrimonio del mio migliore amico

A un certo punto ci siamo scambiati i ruoli.
Io ero estroversa, socialmente instancabile, la buffona, quella capace di far parlare anche un muro, il "mito", come mi chiamavano le mie amiche, e solo perché dicevo sempre quello che pensavo, e spesso quello che pensavo era "Scopiamo?".
Quella era la Mafe single, una Mafe che non esiste più da 14 anni, ma talmente viva dentro di me che mi meraviglia sempre quando gli altri non la vedono e mi trattano come se io fossi sempre stata una signora sposata, che mette un po' soggezione, una che quando fa una battuta ridi più che altro per il sollievo.
Per amore ho abbandonato la mia vita socialmente disordinata come si cambia un vestito che si è infilato lui: viaggi, amici, avventure, donne, tante, sempre molto belle, sempre troppo innamorate o comunque destinate a scomparire. Lui ha smesso le sue timidezze e come me ha trasformato le sue inquietudini, ma in immagini; negli ultimi anni non si è fermato un attimo, divertendosi molto, ma un po' soffrendo di questa suo sfarfallare senza mai desiderare di guardare più a fondo, non più avanti. Fino a lei.
E oggi che mi arriva l'invito al matrimonio di mio fratello con una donna che ADORO! [tm] mi chiedo se ci scambieremo ancora qualcosa, e se sì, se stavolta invece sarà qualcosa che condivideremo.

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10 novembre 2007

Talk to me like lovers do

Perché Twitter rimanga un salvavita per i tempi morti ho deciso di rimuovere (a volte a malincuore) chi:
  • spamma troppo (i suoi post, i suoi successi, i suoi cazzi)
  • prende sul serio tutto ciò che scrive e che legge
  • ha gli update protetti
Adoro invece chi cazzeggia, chi chatta, chi sfotte, chi destabilizza.

Se fossi un mio follower, mi rimuoverei senza pietà. D'altra parte, probabilmente non mi leggerei neanche. A questo punto mi chiedo se passerei del tempo con me o mi darei del lavoro. Sicuramente mi innamorerei perdutamente di me stessa, ma uno di quegli amori infelici, in cui non puoi fare a meno di una persona che trovi insopportabile.

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27 ottobre 2007

Mafismi

Faccio fatica a prendere sul serio chi ci riesce benissimo da solo.

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24 ottobre 2007

La parola di ottobre

La parola ricorrente nel mese di ottobre è: "claustrofobia".

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23 ottobre 2007

No broken windows

Io e mio fratello abbiamo un particolare talento per creare il massimo disordine possibile a partire da pochissimi elementi e in un lasso di tempo risibile. Quando vado a trovarlo nel giro di pochi minuti tutta la sua roba è sepolta dalla mia: forse dovremmo creare delle installazioni e spacciarle per arte moderna.
Mia sorella non ha mai sviluppato questa particolare abilità (forse per questo lei vive ancora con i miei genitori), anche se quando viene qui si rivela molto abile nell'arte di far esplodere la valigia (è una di quelle persone che quando partono per un fine settimana si portano dietro il PHON). Insieme siamo imbattibili, noi tre.
Comunque, devo dire che me la cavo benissimo anche da sola: mi guardo attorno e dopo poche ore dalla partenza dell'uomo che mi costringe alla civiltà la casa sembra aver subito una perquisizione ostile. Ma come faccio?? E perché patendo il disordine non riesco a essere ordinata?

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17 ottobre 2007

Mestruo indi sono

Quando in una serie tv o in un film c'è un personaggio psicotico - tipo la mamma di Abby in ER o la figlia di Erin Driscoll in 24 - la caratterizzazione del personaggio ha sempre a che fare con il rifiuto di prendere le medicine che dovrebbero renderlo "normale". Lo spettatore assennato scuote la testa, si immedesima coi parenti, inveisce contro gli sceneggiatori e non capisce perché diamine questo qui non si vuole curare. Io sì.

Ho smesso di prendere la pillola anticoncezionale tre volte nella mia vita, tutte e tre le volte perché la pillola, appiattendo il ciclo, mi rende "normale". Sul bugiardino la chiamano depressione, ma non so se è corretto: è che senza gli alti e bassi del ciclo ormonale io intellettualmente divento un'ameba. A me piace tutto del ciclo ormonale, mestruazioni comprese. Anche se il mio ex fidanzato faceva i cerchietti rossi sul calendario per ricordarsi che nei giorni precedenti non doveva assolutamente contraddirmi. Anche se - invecchiando - alla rabbia rissosa della sindrome premestruale si aggiunge la tristezza profonda di quello sgocciolamento che significa che un altro ovulo è andato e che non stai assolvendo al tuo dovere biologico. Anche se, avendo un ciclo breve, a volte mi sembra che le mestruazioni precedenti non siano neanche finite, tanto vola il tempo.

E' vero, non ho mai avuto mestruazioni lunghe o dolorose, quindi viaggio leggera quando affermo di vivere meglio quando un paio di volte al mese la natura mi ricorda che sono un animale.
Un animale che va in calore - su, sorelle, rinuncereste all'ovulazione? Con quell'istinto insinuante di strofinarti al primo maschio passabile che ti attraversa la strada? Quei giorni del mese in cui capisci perché per gli uomini i preliminari sono una tale palla, vogliamo dirlo?
Un animale di cui si decompone un pezzo ogni 24 giorni, sanguina (e non muore, cit), puzza, sclera, cerca la rissa, piange, ride, all'improvviso si placa, ti guarda negli occhi e sa che stai pensando "questa ha le sue cose".
Ebbene sì, e non solo: non sai quello che ti perdi.

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07 ottobre 2007

Terry Fox Run: la playlist

Pessima prestazione (38 minuti), grande divertimento nonostante il raffreddore (prima pausa), le mestruazioni (seconda pausa) e la tosse (terza pausa). Ecco la playlist:

A me ricordi il mare Daniele Silvestri
La Distrazione Negramaro
Rehab Amy Winehouse
Can't Stand Me Now The Libertines
La paranza Daniele Silvestri
No Mercy For Me Mario Biondi & The High Five Quintet
E Rubero' Per Te la Luna Negramaro
Inbetween Days The Cure
Speed Of Sound Coldplay
Mas Que Nada Sergio Mendes & Black Eyed Peas
Let's Get Retarded Black Eyed Peas

Tra un po' Nike+ aggiornerà (se non ho sbagliato a indicare i tempi) i risultati della sfida, così vediamo di quanto Marcom mi ha umiliato quest'anno.

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04 ottobre 2007

MA(ni)FE(sto)

Dal 1992 al 1996 sono stata *solo* un copywriter. Spiegare cosa facevo per vivere non era facile, ma quantomeno era un one-shot: "scrivo testi che cercano di venderti cose". Alla peggio, bastava prendere un giornale, aprire a caso, trovare un annuncio pubblicitario e dire "vedi queste parole? qualcuno le scrive, a volte io".
Dal 1996 ho cominciato a scrivere articoli pagati su giornali (Virtual, soprattutto). Questo non ha fatto di me una giornalista, ma in alcuni ambienti sì.
Dal 1997 ho iniziato a scrivere testi per siti e cd-rom didattici. Non bastava più però che fossero solo i testi: facevano parte di una sceneggiatura. E la sceneggiatura non bastava: dovevi anche indicare in quali parti di una schermata quei testi dovevano andare, quando restare, quando scomparire etc. Questo non ha fatto di me una designer, ma in alcuni ambienti e in alcune situazioni sì.

Nel 1998 mi hanno chiamato a gestire una community (era Atlantide; nel senso che mi pagate? sì, nel senso che ti paghiamo e che ti farai un culo quadro, amen). Questo ha fatto di me una "community manager" (dicono), mentre continuavo ogni tanto a scrivere su qualche testata e sempre più spesso a fare la designer.

Nel 2001 ho pubblicato il mio primo libro. Mentre lo scrivevo ho aperto questo blog, per usarlo come sito del libro. Non mi hanno pubblicato perché avevo un blog. Non mi fanno scrivere perché avevo un blog. Non mi fanno lavorare perché ho un blog. Questo blog è CAZZEGGIO allo stato puro. Non prendetemi sul serio.

Oggi continuo a progettare (siti, community, strategie di comunicazione, strategie editoriali, presenze e assenze online), continuo ogni tanto a scrivere su qualche testata, ogni tanto qualche altra testata parla di me come un'esperta e mi intervista e mi capita spesso di insegnare a fare il mio lavoro o a comprarlo.

I più svegli avranno già capito dove voglio andare a parare (gli altri mi stanno già insultando nei commenti per abuso di posizione dominante). Le persone che lavorano con me (Vanz, Auro, Serena, Federico) hanno lo stesso identico problema: se devono rispondere alla più basica delle domande sociali, "che lavoro fai?" balbettano qualcosa di inconsulto per poi scegliere l'attività in quel momento più adatta all'interlocutore. Ci sono problemi peggiori, intendiamoci, però indossare diversi cappelli contemporaneamente in determinati momenti storici può ingenerare confusione nell'interlocutore e a volte creare qualche problema etico.

Visto che da qualche tempo va di moda trattare i blogger come giornalisti e/o come venditori di spazi pubblicitari e/o come testimonial, sento il bisogno di fare chiarezza - per quanto riguarda me, e solo me - su quale ruolo preferisco in quale situazione e su come mi regolo in altre:

  1. se sono invitata o accreditata a eventi, presentazioni, discussioni che riguardano il mio campo specifico di attivià (internet come media sociale e evoluzioni dei comportamenti correlati) partecipo come con lo spirito di GIORNALISTA e/o RICERCATRICE collaboratrice di testate giornalistiche e/o raccoglitrice di spunti e informazioni per libri, paper e ricerche.
    Per fare un esempio, gli aperitivi, le feste, gli accrediti a convegni a pagamento, i gentili inviti a incontrare aziende per essere edotti delle loro strategie, gli sconti e i tramezzini li accetto in questa veste, chiarendo prima che non è detto che poi ne scriva.
  2. come ESPERTA/DOCENTE se parlo in pubblico (sia a un convegno sia a un corso) tendenzialmente mi faccio pagare e anche per questo non presenterò mai case history che non siano utili ai fini del discorso e mi impegnerò al massimo perchè chi mi ascolta possa essere messo in condizioni di fare da solo quello che io potrei fare per lui a pagamento
  3. come BLOGGER non sono in vendita, punto. Se ti parlo bene di un prodotto/servizio/whatever puoi star tranquillo che lo faccio per pura e semplice convinzione personale. Se su questo blog o altrove (tipo su Twitter, Flickr o altri ambienti che frequento, anche offline come BarCamp e convegni) leggi o senti qualcosa di relativo al mio lavoro puoi stare tranquillo che sono (ancora) libera di parlare solo dei lavori che mi piacciono e che nessun cliente può chiedermi di usare i miei spazi personali per fare pubblicità a iniziative che non mi convincono personalmente.Se mi chiedono di parlare di un prodotto sul mio blog lo faccio solo se:
  • è un prodotto di cui capisco qualcosa (cibo, vini, vestiti, cosmetici, libri, film, alberghi e pochissime altre cose) e comunque il mio è solo un parere personale e soggettivo
  • posso liberamente non parlarne o parlarne male e dire sempre e in ogni caso che il prodotto mi è stato proposto per una prova e che non ne sto parlando di mia iniziativa
  • non mi stanno dando dei soldi per parlarne
Se è vero che "excusatio non petita, accusatio manifesta" è anche vero che negli ultimi mesi stiamo assistendo a una tale vorticosa crescita delle dinamiche di cui parlavo in "La kriptonite dei social media" che preferisco rischiare le accuse di coda di paglia, farla finita con tutta una serie di acidità, invidie e accuse ed esplicitare una volta per tutte il mio codice di comportamento la mia posizione sul ruolo del mio blog nella mia vita professionale (anche per non far perdere tempo a nessuno).

Questo blog è uno spazio personale e non sarà mai in vendita, neanche per il miglior tramezzino del mondo. Chi vuole vendere il suo blog e la reputazione con esso guadagnata, è liberissimo di farlo, ma per favore, non mettetemi (non metteteci, che il Maestrino sottoscrive) nello stesso campo da gioco.

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02 ottobre 2007

Siete caldi?

Domenica a Milano c'è la Terry Fox Run, una 5km non agonistica per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro.
Io ci sarò: se non mi passa il raffreddore la farò sui gomiti, altro che battere lui (l'anno scorso quando sono arrivata lui aveva già pranzato), però siamo un discreto gruppetto e ho pure creato una sfida su Nike+.



Si accettano suggerimenti per la playlist (direi 30 minuti).

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24 settembre 2007

Scleri

Pur viaggiando spedita verso la santità ci sono alcune cose che ancora adesso mi scuotono i nervi trasformandomi in Aletto:

  • il lag della tastiera (anzi, qualunque lag)
  • i tirchi del CC
  • chi ti cammina piano davanti
Sono solo tre, ma sono sicura che il Vanz, se interrogato, ne ricorderà parecchie altre.

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17 agosto 2007

La parola di agosto

La parola di agosto è "polleggiare".

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07 agosto 2007

MaFaq

No, non voglio fare la doccia adesso (mi piace il sale sulla pelle da quando sono piccola)
No, la faccio dopo dentro (odio fare la doccia fredda)
No, non ho visto Puntino (credo che gli faccia più male piangere che vuole uscire)
No, grazie (non mangio dolci d'estate)
No, non la voglio assaggiare (non mangio quasi più pasta)
Sì, sono già sveglia (non si vede?)
Sì, mi piace il mare (perché andarci, altrimenti?)
No, non sono dimagrita.
Sì, mi piace correre. Sì, con la musica. Sì, è per la musica (no, non è per misurare la pressione).
Sì, ogni tanto fumo (non si vede?)
No, non sono ingrassata.
Sì, mi sto rilassando (soprattutto prima)
Sì, va bene, troppo però.
Non lo so, che si dice a Milano (sono qui).
Arriva venerdì.
No, figli no, grazie.

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27 luglio 2007

Cose che smetto di fare al mare

  1. avere sempre dietro il portatile
  2. divorare nevroticamente qualunque forma di news
  3. mangiare carne rossa
  4. accendere la televisione
  5. vestirmi
  6. pesarmi
  7. rispondere alle telefonate
  8. mangiare al chiuso

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23 luglio 2007

La Serata Ignorante[tm]

Ingredienti per una perfetta Serata Ignorante:
  • un padrone di casa rilassato, possibilmente dotato di terrazzo e/o giardino
  • nessun impegno il giorno dopo
  • musica così poco cool da essere cool
  • vino caldo
  • modica quantità di droghe consentite
  • cibo buono, ma nei pacchetti (da dilazionare tenendo conto della fame chimica che certamente sopravviene)
  • smisurate quantità di cazzate interessanti
  • qualcuno che capisce quello che dici
  • qualcuno che ride a ogni cosa che qualcun altro dice
  • qualcuno che sta per partire
  • Amichetti
La Serata Ignorante è un format che si adatta benissimo anche ai tempi lunghi, tipo Sciata Ignorante, Week End Ignorante, Vacanza Ignorante & so on. Mettete solo in conto discreti hangover, qualche chilo in più e una marcata difficoltà al ritorno alla Vita Normale.

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20 luglio 2007

Dedicato

Credo che liberarsi delle generalizzazioni sbagliate fatte da bambina sia la parte più difficile del diventare adulti, sia nel merito sia come atteggiamento. Credere ciecamente a ciò che dice l'Autorità e pensare che tutti vivano come te (pensino come te, sappiano quello che sai tu) è a mio avviso il segnale più inquietante di una società adolescente, e non nel senso che continua a spassarsela.
Per esempio io da piccola ero convinta che i nonni paterni e materni abitassero nello stesso palazzo; che Franco, Pino e Carlo fossero "nomi di zii"; che tutti avessero tre zii paterni e tre zii materni (il fascino indiscreto della regolarita'); che tutti i bambini alla fine della scuola "andavano in campagna" come me, in una grande casa di proprietà della mia famiglia; che la gente di sinistra fosse "diversa" e un po' pericolosa, perche' vogliono farti pagare più tasse, vogliono portarti via la terra e tendono all'insubordinazione.

Ci sono anche conseguenze positive di questa tendenza all'inferenza: per esempio, essendo grazie al cielo onesta, colta e positiva, tendo ad attribuire automaticamente a chiunque altro queste caratteristiche, il che fa di me una campionessa assoluta nello sport noto come "concedere il beneficio del dubbio" a terzi. Certo, questo significa anche che cado dal pero quando scopro che il 90% delle persone che incontro non hanno la minima idea di quello di cui sto parlando (e lo scopro sempre troppo tardi) e che qualcuno non è esattamente buonissimo.

Un'altra categoria di informazioni sbagliate apprese da bambina sono le affermazioni casuali degli adulti che nella tua testa trasformi in verità assoluta, da accettare o rigettare in modo altrettanto assoluto. Per esempio una volta ho sentito mia madre dire con raccapriccio che "in Svizzera mangiano il lesso con la marmellata di amarene", determinando credo per sempre la mia assoluta e totale curiosità verso gli abbinamenti strani di sapori e verso le gastronomie "deboli" (a cui ho convertito anche lei piu' tardi, va detto).

In realtà però volevo parlare di quando ho sentito dire, non so neanche più da chi, che "i milanesi non hanno il mare e devono andare in Liguria" con un tono di tale compatimento che per me fino a una quindicina di anni fa la Liguria era una specie di discarica dove ti mandavano praticamente in punizione, solo perché non potevi andare al mare "vero" (che per i tarantini è lo Ionio, period, "altro che Maldive"). Per anni ho sempre rifiutato di andare al mare in Liguria, limitandomi ad andarci in discoteca o simili: per colmo di sfiga le mie prime esperienze di mare ligure (Riva Ligure) hanno definitivamente confermato l'idea che piuttosto che quel mare lì, meglio l'afa.

Poi a un certo punto il miracolo, lo svelamento, la Fine delle Certezze: Camogli (e le passeggiate). Finale (e la quasi montagna di Magliolo). Valle Crosia (e la deliziosa Dolce Acqua). Lerici (e l'Eco del Mare). Genova, forse tra le città più malinconiche e furbe tra quelle che amo. Scoperte e amate in giugno, quando l'acqua è deliziosamente gelida, cristallina, subito profonda. Quelle spiagge piccole e sovrastate dalla montagna, con i piccoli paesi arroccati, colorati, sempre vivacissimi.

Ogni volta che torno in Liguria mi si spalanca un abisso di amore nei confronti di questa terra incredibile, che ogni volta mi meraviglia e mi seduce ancora. Settimana scorsa Chiavari, con il suo elegante passeggio, un lungomare perfetto per correre e i delfini praticamente in porto. E soprattutto arrivare dal mare a PortoVenere, quell'incredibile canale annunciato da una fortificazione invisibile da terra, entri e scopri la chiesa e questo paesino colorato e protetto da un'isola quasi selvaggia, che al tramonto è ancora in pieno sole mentre la terraferma è già all'ombra e il mare è diviso in due dalla luce che si ritira.

Forse è per tutto questo (e per molte altre cose) che Genova-G8 per me rimane una ferita aperta, anzi, La Ferita, un po' come il disorientamento quando ho scoperto che molti bambini in vacanza non ci andavano proprio, che la gente di sinistra ero io, che davvero le forze dell'ordine (non tutti, ma qualcuno sì) hanno la mano pesante con chi non la pensa come loro (e quindi con me). Lo stesso disorientamento di quando scopri che i tuoi genitori non sono le fonti della verità assoluta e sbagliano e che hai dovuto liberarti di molto di quello che ti hanno insegnato, e che questo non ti impedisce (più) di amarli molto e che questo forse significa che, all'alba dei 38 anni, sei diventata grande, come Carlo non diventerà più, soprattutto se lo dimentichiamo.

(in memoria di Carlo Giuliani (Roma, 14 marzo 1978 - Genova, 20 luglio 2001)

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17 luglio 2007

Chi sono? Dove sono? Perché sono qui?

Dopo aver cazzeggiato tutto il giorno su quante cose importanti ero riuscita a fare di venerdì 13 senza troppi danni, all'ingresso della Ca' du Luasso a Lavagna vedo la locandina "Venerdì sera concerto di Jobba" e penso, tutta contenta, "grazie al cielo non è venerdì", entro e mi siedo davanti al palco mentre lui canta a squarciagola quella che sembra una versione slow di Maledetta Primavera.

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07 luglio 2007

Afasia

Succedono cose. Una borsa di Margiela di vernice nera (new collection). Rispondo a domande. Domande interessanti. Una gonna blu marezzata di Miu Miu (in saldo al 50%). Penso e non su commissione (cerco camicette fresche e chiare). Scaletto libri e sogno il tempo per scriverli (sono in dubbio se prendere la Peggy Flora al 50%). So cosa sta succedendo ma non se ci voglio restare (sicurissima di non aver bisogno di un cappello?). Mi lascio affascinare. A volte scodinzolo.

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04 luglio 2007

Mantenere l'equilibrio

Ma tu come reagiresti sapendo che tuo marito è in Francia con una moto e una modella?

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02 luglio 2007

La parola di giugno (in ritardo)

La parola di giugno è "non sono pronta". (ok, non è una parola e ormai è luglio)

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01 giugno 2007

Infinite

Mi sento il prosciutto nel panino del web [cit].

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31 maggio 2007

La parola di maggio

Strada facendo, oltre a "lag", ne è spuntata un'altra, bellissima: "simmetria".

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06 maggio 2007

E' già chiaro

La parola di maggio è - ahimè - "lag".

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05 maggio 2007

Pant pant

Oggi (sabato) alle 13:05 va in onda la sottoscritta intervistata da Tony Siino per http (Radio Time). Potete ascoltarla anche domenica alle 19:05.

Mercoledì mattina (9:30) sono allo IULM per parlare di Blog-Grafie: previste piccanti rivelazioni personali.
Mercoledì pomeriggio, sono alla Hoepli per godermi la presentazione del libro di Sergio.
Sabato 12, LitCamp a Torino.
Sabato 26, FemCamp a Bologna.
4/5 giugno, Interact, Bruxelles.

Quando lavoro? Quando? E cosa mi metto?

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28 aprile 2007

Jet lag

Solo un salutino, chè il cuore (e l'orologio) sono ancora tra Lake Shore Drive e Oak Park, magari riflessi nel Bean (ci vorrebbe un Bean in ogni angolo). Adesso nanna e domani spero di svegliarmi con le energie per andare a testare Nike+ al Parco, e poi sistemare le foto, e scrivere qualcosa.

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19 aprile 2007

Sovraesposta

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16 aprile 2007

I Grandi Misteri della Maestrina: la misura del reggiseno

Con indicibili sforzi negli anni sono riuscita a capire di che misura comprare i reggiseni, ma comunque quelle due volte all'anno che devo procurarmene di nuovi passo sempre dei brutti momenti, con un nervoso che mi rimane addosso prima e dopo per giorni.
Sabato pomeriggio, giornata di sole, sola per il fine settimana (e quindi libera di far esplodere gli armadi in giro per casa), vado alla Rinascente, razzio (ma si dice razzio?) gli stand, mi dirigo con un sorriso tranquillo ai camerini.
Ora, dai complicati calcoli compiuti, dovrei avere una 36C. Dovrebbe essere semplice, invece no: ogni fottuta 36C veste in modo diverso, schiacchia, pusha, tira, morde e pizzica, mentre le luci evidenziano tutto ciò che una donna vorrebbe dimenticare.
Alla fine, mal di testa al massimo e endorfine sotto i piedi, scelgo due Wonderbra, uno bianco uno beige, sobri, comodi, lavabili senza dover evocare l'acqua santa.
Come ogni volta, torno a casa e non ho il coraggio di metterli e finché posso faccio finta di dimenticarmene. Ogni volta il nervoso causato dalla procedura evidentemente mi deprime le tette, che si trovano a loro agio in spazi in realtà inadatti una volta uscite dai camerini. Oggi, infatti, straripo.

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13 aprile 2007

Ludibrio via etere

Giusto per rendermi ridicola a un pubblico progressivamente più ampio, domani (sabato) eccomi in onda al tg de La7, brevemente intervistata sul futuro del BarCamp da Daniela Cerrato nel mio bar diurno preferito (Todo Modo, Bovisa).
Siate crudeli, in questi giorni soffro di eccesso di autostima.

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02 aprile 2007

Social media

C'è un motivo per cui li chiamiamo social, stì new media, anche se c'è chi si ostina a pensarci tutti in casa a volare su seconlaif.
Venerdì sera, la rivincita delle nerd (grazie, Amanda). Alle 22.20 mi si scarica la batteria, ricordo solo di aver baciato Bru e poi mi sono svegliata sabato mattina con un'ora e mezza di ritardo per il Camp.
Arrivo alla Bicocca che sembra The Day After, entro in un'aula identica a quella dello scritto di Storia Contemporanea (sudori freddi correlati), sono le 10:30 e Bru e Folletto stanno finendo di introdurre la giornata. Bene. Poi prende la parola Goetz e alle 11:10 siamo ancora alla slide 231, su come comportarsi nelle prossime ore. Esco e mi dedico agli interstizi, con piacevoli visite a punteggiare i soliti cazzeggi tra amici (Ehi, Lele, ti è andato giù il blog).
Ritalia Camp, nonostante le ottime premesse, non ha funzionato. Secondo me non ha funzionato perché ci siamo preoccupati troppo (anch'io che non ho fatto nulla oltre a ingozzarmi di formaggio al barolo) di farlo funzionare in modo diverso dagli altri (vedi introduzione in aula magna). Se questo Camp aveva bisogno di qualcosa di diverso, era di un "facilitatore" per ogni intervento, qualcuno che tenesse i tempi, ricordasse l'obiettivo, frenasse la voglia di business, non prima, ma durante. Da tenere a mente per la prossima volta.
Ritalia Camp, nonostante le apparenze, ha funzionato alla grande. Ha mostrato a tutti cosa può uccidere i Camp e perché. Non sono mai stata così contenta di non aver niente da vendere e nessun interesse da perseguire. Il lusso di poter parlare solo con chi vuoi e perché ti sta simpatico. Il piacere di potersi dedicare a un cliente solo perché è una delle persone più interessanti tra quelle strepitose che ti circondano. Sono un'anima pura? Sono un'anima pura: vorrei che il Camp fosse una giornata in cui viene solo chi è libero da se stesso, dal budget e dal networking, se non sarà più così noi che abbiamo bisogno di queste cose inventeremo un altro spazio. Solo così può funzionare.

Alle 15 scappo. Arrivo a casa, mi addormento con il badge del Camp che mi si infila nella pancia. Un'ora dopo, doccia, sveglia e cambio di look: aperitivo del blog Grazia, gentilmente offerto da Stronza. Perché? Perché ne aveva voglia. Giusto a ricordare che l'economia del dono esiste e si concretizza anche in camerieri in guanti bianchi, champagne e sorrisi e abbracci di quelli che ti fanno fare sogni belli.

Grazie ancora quindi ad Amanda, a Bru e Folletto e tutti gli altri che si sono sbattuti per il Ritalia Camp senza secondi fini, a San Lorenzo, a tutti i miei amichetti perché esistono e a Stronza (di nome e di fatto, se no si offende).

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28 marzo 2007

Avvistamenti topici

Ha iniziato Pierluigi di ZeusNews, che ha visto i nostri libri nella vetrina:
della libreria Artè di Torino (quella che si vede nel fim Santa Maradona), in Via S. Francesco, traversa di V. Garibaldi, ed è sempre molto aggiornata.

Sono (stati) in vetrina anche nella Mondadori di Taranto, ma forse perché è del fidanzato di mia sorella. Nelle Feltrinelli (Milano) sono molto ben posizionati, ma in settori diversi (eros, umorismo e informatica). Alle Messagerie Musicali (Milano) sono in Informatica, sempre faccia in su e vicino al Maistrello.
In una libreria centrale di Monza sono vicina alla cassa, così come in una grande libreria di Corso Buenos Aires (grazie Auro).

Se vedi Il Mouse e la Topa o Lui non sa chi sono io in vetrina o in evidenza, ce lo dici?

PS: pensavo di essere incorruttibile, poi Laura ci ha costretti a farci questa foto.

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27 marzo 2007

Tempeste ormonali

Io flirto con tutti. Non riesco a sopportare le persone con cui non posso flirtare. Se non flirto con te, non mi piaci o mi metti in soggezione e aspetto che inizi tu. Di solito inizio io, soprattutto se sei donna o gay, perché il flirt perfetto è quello che non punta a niente e si conclude in sé.

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25 marzo 2007

Quasi dimenticavo!

La (mia) parola di marzo è: grottesco.

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05 marzo 2007

[x-view] Uno su due (della serie: quando c'è la salute, signora mia)

Ci sono poche sensazioni più erotiche del perfetto funzionamento del tuo corpo: lo senti muoversi e accelerare, le gambe spingono, le braccia ondeggiano, i muscoli si contraggono e si rilasciano a seconda delle esigenze. La corsa impegna tutto il corpo, come un amante che non si accontenta.
(pezzo tagliato da "Non giocare con la sabbia, in Hard Blog)

A 19 anni ero da poco andata a vivere da sola, dopo un anno di collegio a Milano. Ero euforica per la libertà, ma senza strafare, insomma, studiavo e mi nutrivo pure. Una sera sono uscita con uno che vedevo ogni tanto, abbiamo bevuto troppa tequila e fatto assai sesso. La mattina dopo mi sveglio annientata, un hangover da paura. La sera dopo ero piegata in due dal dolore. La notte deliravo, tre giorni dopo è arrivata mia madre da Taranto e mi hanno ricoverata in clinica. Una settimana dopo, una di quelle settimane in cui capisci cosa vuol dire sbavare al solo immaginare una siringa, sento il medico dire a mia madre "Forse abbiamo capito cos'ha".
Io avevo la febbre a 41 da giorni, diverse coliche renali alle spalli e la convinzione - tipica dei sani - che i medici sappiano SEMPRE cosa fare. Ricordo i brividi per la febbre e una foglia che girava impazzita su un albero, l'ultima foglia rimasta su quel cazzo di albero, un'infermiera sadica che mi annunciava clisteri come se godesse a farli, le crescenti difficoltà a trovare le vene per la flebo, la paura che fosse tutta colpa mia, che ero una bambina cattiva che beveva tequila e scopava in giro. Ho sfiorato il collasso renale, ma il medico aveva capito davvero cos'avevo, anche se diversi altri medici negli anni a venire si sono assai sbattuti per capire se era curabile una volta per tutte (non lo era, almeno, non finora, ma i reni ancora funzionano, per ora). Faccio una cura buffa che si chiama idropinoterapia e vuol dire solo che devo bere almeno tre litri d'acqua oligominerale al giorno (il che vuol dire che in due terzi del mondo sarei già morta da anni). Sono fortunata: posso fare quello che voglio, l'unico imperativo è mantenermi il più in forma possibile, ma ormai è più che altro un piacere. Me la sono vista brutta per molti anni, ma sono sopravvissuta.

Uno di due, di Eugenio Cappuccio, racconta una storia simile. Forse non è un grande film, però è un film importante: perché è vero quel che si dice, che ritrovarsi all'improvviso bisognoso di aiuto anche solo per fare pipì è una di quelle secchiate in faccia di cui poi sei grato per tutta la vita. Se riesci a simulare la secchiata senza farti qualche giorno di ospedale e trovarti davanti a un medico che ci mette minuti interi a leggere le analisi da cui dipende il tuo futuro, è meglio, anche se è difficile.
Non c'è felicità superiore a svegliarsi la mattina e sentirsi perfettamente in forma, non c'è piacere più grande di sentire che - anche oggi!! - il tuo corpo funziona, ma te ne rendi conto solo se un giorno hai davvero avuto paura che non ti saresti alzato (o svegliato) mai più.

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27 febbraio 2007

Tenere lontano dalla portata dei cretini

Ieri sera ero stanca, ma così stanca che mi sono messa a giocare con una candela; era così bello indirizzare la fiamma verso i lati, vedere la cera sudare e gocciolare, creando strani disegni, era così bello che sono andata completamente in trance.
Per le piccole bruciature ho risolto con il Foille, ma qualcuno sa come si toglie la cera da un maglione di cachemire (se si può)?

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22 febbraio 2007

Stimolante per lui, ritardante per lei


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18 febbraio 2007

Dialoghi sotto la doccia

Non sono una piacevole compagna di spogliatoio, in palestra. Non chiacchiero, non saluto, non guardo nessuna negli occhi. Però sbircio e ascolto, parecchio, non ci posso fare niente. A volte trasecolo, come ieri.

Docciante invitante: che fai stasera?
Docciante invitata: mah, non so, credo niente.
Docciante invitante: vieni a cena da me?
Docciante invitata: A che ora?
Docciante invitante: otto e mezzo/nove
Docciante invitata: chi c'è?
Docciante invitante: (descrizione di vari amici)
Docciante invitata: ma cucini tu? [a quel punto io le avrei già messo la spugna in bocca]
Docciante invitante: sì, ma così, una cosa tranquilla, una carbonara, qualche affettato
Docciante invitata: ah
Docciante invitante: è solo una cenetta per vedere questi amici tutti in una volta
Docciante invitata: senti, facciamo che ti dico se vengo entro le quattro, ok? Così ti regoli per la spesa.

Ma ci vuole così tanto a dire no?

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11 febbraio 2007

Le parole

La parola del 2007 (e quindi di gennaio) è "confortante".
La parola di febbraio è "ignorante".

(Giusto per dare un minimo di contesto, la parola del 2006 era "intenso", in senso soprattutto negativo).

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05 febbraio 2007

L'altruismo calcolato

Da qualche anno frequento gli oroscopi come forma letteraria, cercando di recuperare la natura politica (anche tra me e me) del vaticinio degli antichi. Far quadrare oroscopi contrastanti è un bell'esercizio mentale e diplomatico (oltre che fonte di notevoli ghignate).
Frequento solo oroscopi scritti bene e filosoficamente aperti, gli unici capaci di far risuonare ciò che da sola non riesco a impormi: ho sempre dovuto simulare un Super Io esterno stile "Il Grande Capo" di Lars Von Trier e preferisco che sia uno sconosciuto a dirmi cose tipo "If you share your extravagant ideas too quickly now, you may get more criticism than praise."
Tra i miei preferiti, ovviamente Brezny e un paio di newsletter americane, ma ieri è stato Pesatori (D di repubblica) a fulminarmi:
"Non soffrite di altruismo calcolato. Sapete essere fedeli a una visione che non subisce né propone inganno, e non valutate voi stessi come un utile da non concedere a nessun altro".

Ecco, era tutto qui, quello che cercavo di dire parlando di blogger professionisti :-)

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24 gennaio 2007

Prima foto in Explore della mia vita


Condominium, originally uploaded by mafe.

Imparare qualcosa, anche oggi. Soldi, fama, uomini, borse, viaggi, vini: sono tutti obiettivi di corto respiro, che impallidiscono rispetto alla possibilità di accrescere il tuo bottino di idee, competenze, informazioni, tecniche.
Imparare qualcosa è facile, gratuito e quasi sempre divertente: richiede un solo ingrediente, che è una delle poche cose buone, che fanno bene e non fanno ingrassare. L'attenzione.
Soprattutto dopo una certa età e a certe latitudini, fare attenzione diventa apparentemente meno spontaneo. Cambiare modalità di interazione con l'universo aiuta: ascoltare di più se sei una che guarda molto, toccare tutto, andare in giro col naso per aria invece che rivolto al tuo ombellico.
Io a un certo punto mi sono messa a fotografare. Per una persona come me, che vive tradotta e mediata da righe di quel codice che chiamiamo alfabeto, iniziare a guardare il mondo per poter in qualche modo replicare in uno scatto la bellezza e l'interesse di ciò che vedi significa una seconda nascita.
Passo interi pomeriggi sconcertata dall'interesse per ciò che mi circonda e che finora ho dato per scontato. Il cinema ha acquisito un'ulteriore profondità, la realtà mi si squaderna davanti in geometrie, colori, molteplici piani di azione e di significato. Fotografare è ipnotico, è come ascoltare i ricordi di una persona anziana, come leggere un libro avvincente, come scendere da un aereo e non riconoscere nulla di ciò che vedi. Fotografare è solitudine necessaria, ma una solitudine che arricchisce e che ti avvicina agli altri, dopo.
Ogni giorno imparo qualcosa di più sulla strada in cui abito dal 1992, sulle persone che incontro, sui piani alti di una città visiva e nascosta come Milano. Poi torno a casa, scarico le foto sul mio computer e butto il 99% di quello che ho visto, ma non sono stata capace di riportare a casa. Lo imparerò domani.

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19 gennaio 2007

A spotless mind

Venerdì prossimo sono a Firenze e poi proseguo per Roma. Essendo poco orientata nello spazio e nel tempo, mi ero autoconvinta che il BarCamp fosse sabato prossimo. Poi ho scoperto che oggi non è il 12 gennaio, ma il 19: non l'ho scoperto grazie all'agenda che guardo ogni cinque minuti, ma perché mi sono venute le mestruazioni.

Buon divertimento, io mi sa che è meglio se dormo.

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18 gennaio 2007

Contromano in autostrada

Decido che forse cambierò palestra. Decido di andare a chiedere un ingresso prova in una palestra in centro per sole donne (very relaxing).

Maestrina: ciao, vorrei sapere se posso avere un ingresso prova per la palestra
Receptionist: la faccio subito parlare con una consulente, si sieda lì

Consulente: salve -convenevoli di rito-, qual è il suo obiettivo?
Maestrina: vedere la palestra
Consulente: -sguardo interdetto- Non vuole, non so, aumentare la massa magra, tonificare, migliorare la sua forma fisica?
Maestrina: veramente io faccio sport da quando ho sei anni, sto solo cercando di cambiare palestra, questa è comoda perché è vicina al parco, io vado a correre al parco, mi è comodo che poi vengo qui a fare la doccia
Consulente: -senza parole, lungo silenzio-
Maestrina: magari la cosa migliore è se vengo a fare una prova??
Consulente: ah, per una prova può chiedere direttamente alla reception
Maestrina: -ansiosa, consapevole di aver nuovamente ferito un altro essere umano senza aver capito perchè- Magari vuole dirmi i costi?
Consulente: -mi dice svogliatamente i costi facendomi notare che comunque se non mi iscrivo oggi perderò un'incredibile occasione-

Dove ho sbagliato? Perché gli altri tavoli erano popolati da donne che rispondevano bene a tutte le domande?

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15 gennaio 2007

Evangelizzazioni forzate

L'idea che sia opportuno spingere più persone possibile ad aprire un blog o a frequentare "la parte abitata della rete" non mi ha mai convinto del tutto: pur essendo convinta dell'importanza di combattere il digital divide (generazionale e non) con la divulgazione, sono fondamentalmente restia a rompere le palle agli altri con le mie passioni/convinzioni. A meno che. A meno che non colga quella scintilla di interesse potenziale, l'unica molla che mi garantisce che chi ho di fronte non annuirà per tenermi contenta e soprattutto che gli sto facendo davvero un favore. Va anche detto che dire "no, guarda, non è roba per te" è spesso l'unico modo per ottenere l'attenzione di qualcuno. Anche in aula e con i clienti detesto la parte di quella che vuole "convincere" l'interlocutore che farebbe meglio a darmi ascolto: se non ci riesco con la forza dei contenuti, stupido pensare di imporsi in termini di relazione (tipo: mi paghi per non fare quello che ti dico, che rimane un diritto del cliente).

Comunque, che ne sia convinta o no, parlo fin troppo di quanto Internet (non solo i blog) ha migliorato la mia vita personale e professionale e la parte dell'evangelista esaltata la faccio spesso o volentieri: per esempio oggi Marcella, che ha un negozio delizioso dove vende le sue creazioni (soprattutto cachemere, ma non solo) mi ha chiesto un consiglio per migliorare il suo sito. A parte compiacermi per la mia migliorata socialità (sto passando da fissare il muro a chiacchierare nei negozi), l'ho supplicata di aprire un blog in cui ci racconta le sue giornate di stilista artigianale in una corte dei Navigli. Le ho anche detto di telefonarmi se ha bisogno di aiuto (gratis) e spero di non averla terrorizzata (l'economia del dono fa paura, la prima volta che ci inciampi).

Più che stressare chi mi sta intorno con le sorti magnifiche e progressive di chi sceglie di diventare parte dei media, invece di limitarsi a subirli passivamente, preferisco scrivere (vedi anche alla voce "timidezza"), fermamente convinta che una delle qualità della scrittura di cui siamo meno consapevoli è che parla solo a chi già vuole ascoltare (manuali universitari a parte).
Per esempio, ci sono un tot di pagine su Vogue gennaio di cui mi prendo la responsabilità (in solido con Alberto e Serena): prego solo chi pensa che in Italia nulla cambi di notare che Vogue (Vogue) ha praticamente dedicato un intero numero a Internet, dando voce anche a chi Internet la vive e la pratica tutti i giorni. Con un'entusiasmo, una curiosità e una dialettica sorprendenti (ma anche no).
Se siete feticisti, ombelicali e autoreferenziali, nel mio articolo su come cambia il galateo con i social media ci sono le foto di un centinaio di blogger, forse vale la pena di dare un'occhiata :D

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14 gennaio 2007

Video killed the wannabe blogstarZ

Oh my god. Sei autorizzato a prenderci per il culo fino alla fine del tempo.

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11 gennaio 2007

5 cose che non sapete di me

Ho cercato di resistere, ma l'invito di Luca M. mi guardava colpevolizzante dalla finestra; ecco il mio autosputtanamento:
  1. Ho trovato il coraggio di tuffarmi di testa per la prima volta a 29 anni. Tuttora staziono su bordi piscina o trampolini per circa dieci minuti, facendo finta di meditare mentre cerco il coraggio di tuffarmi. Entro i quarant'anni spero di riuscire a scavalcare quella specie di spalliera che staziona nei parchi, che ti arrampichi da una parte e dovresti scendere dall'altra.
  2. Nell'estate del 1996 ho lavorato per il Messaggero di sant'Antonio, realizzando un package completo di direct marketing. Il claim "Un Santo per amico" è interamente di mia responsabilità. Sono stata pagata molto bene.
  3. In prima liceo ho vinto il premio per il miglior tema della scuola, 100.000 lire. La mia popolarità, già bassa, è ulteriormente precipitata: altissima, strana e pure secchiona.
  4. Al test per entrare a Scienze della Comunicazione nel 1994 sono arrivata ottava su oltre 2000 candidati. Come sempre nella mia vita, in un primo momento mi sono stupita, poi mi sono innervosita perche' non ero neanche la prima tra le donne.
  5. Sono timidissima.
Invito GionniPeppe, Mucho Maas, laVale Lisagialla, Marcom e Stronza a fare lo stesso.

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08 gennaio 2007

Parti gemellari

Partiti, consegnati, andati: versione per lui, versione per lei. Riscriverei tutto e il Vanz riscriverebbe me. Adesso arriva la parte più ansiogena: le bozze.
Sopportatemi ancora un po', ok?

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