Orecchiette basse
Le mie giornate hanno il ritmo e il respiro del libro che sto leggendo. Se è un libro lento seguirò la scia, se non mi piace sarò intrattabile, se è impegnativo mi lascerà qualche spazio in più per le persone. Io più che vivere leggo, nel senso che sono più me stessa con un libro in mano che qualunque altra cosa faccia.
Io nei libri cresco, sogno, mi allargo, mi esprimo, prendo appunti per una me stessa migliore che sarà tale solo attraverso i libri che sceglie. Libri spesso di nessuna qualità letteraria, i miei preferiti, i più difficili da trovare: un autore d'evasione che non sia offensivo è merce rara. Dalla dipendenza dai libri vengono i miei difetti, esacerbati poi dalla socialità in rete, come la convinzione di poter chiudere le situazioni con un gesto semplice, magari mettendo un segno per riaprire se e solo quando voglio io.
Il vizietto del lieto fine, della spiegazione che dà un senso a tutto, della distanza, della narrazione onnisciente in cui mi bullo di riuscire anche quando sono parte della scena. Il twist creativo che risolve l'ingestibile, la fuga che permette di tornare al momento giusto per tutti, la certezza che tutto abbia un senso e che tutto mi sia permesso solo perché non chiedo altro che di tornare a leggere, con brevi intervalli di azione nei reami dello shopping, della corsa, della bici, del sesso.
E' che qualunque cosa io faccia quando non leggo, scrivo: mi racconto storie che mi distraggano da me stessa e che butto via non fermandole mai. O forse proprio per questo le conservo meglio, ma sempre storie sono, e io mi ci perdo sguazzandoci.